16 febbraio 2021, ore 12:02 , agg. alle 14:10
Le indagini sono state coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e da quella di Catanzaro
La prima operazione è cominciata questa mattina, alle prime luci dell'alba, a Reggio Calabria e nelle province di Cosenza, Milano, Varese, Como, Livorno, Firenze, Udine, dove i carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Dda reggina, nell'ambito dell'operazione "Metameria", hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip nei confronti di 28 persone.
Le accuse
Sono ritenute responsabili, in particolare, di associazione mafiosa, estorsioni, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni e valori aggravato dall'agevolazione mafiosa. Il provvedimento scaturisce da una complessa attività investigativa, avviata dal 2018 dai carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria, che ha consentito di acclarare la radicata e attuale operatività di capi e gregari delle principali associazioni mafiose operanti nel territorio del "mandamento" centro. Nello specifico sono stati censiti rapporti di cointeressenza criminale della 'ndrangheta di Pellaro con i rappresentati di vertice di tutte le maggiori articolazioni della 'ndrangheta reggina quali i Labate e gli Arcoti Condello e De Stefano, oltre a quelli delle articolazioni di 'ndrangheta di Santa Caterina e dei Ficara-Latella di Croce Valanidi. Rilevante, nella dinamica dei rapporti endo-mafiosi, è il tracciato del profilo che è emersa appartenere ad un esponente dei De Stefano, che faceva valere il proprio ruolo di capo dell'articolazione di 'ndrangheta territorialmente riferibile alla zona di Archi, ma soprattutto apice di una struttura di livello più elevato rispetto.
La seconda operazione
Estorsioni a danno di imprenditori, truffa all'Inps e il ruolo dell'avvocato. Sono alcuni dei particolari che emergono sull'operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro che stamane ha portato all'arresto di 17 componenti del clan di 'ndrangheta dei Forastefano di Cassano all'Ionio e che opera nell'intera Sibaritide (Cosenza). Al vertice dell'associazione Pasquale Forastefano, detto "l'animale", quale "promotore, organizzatore e attuale reggente del sodalizio", si legge nell'ordinanza del Gip del Tribunale di Catanzaro Paola Ciriaco, "anche in ragione della detenzione di suo padre Domenico Forastefano, che ne è stato il capo storico, in tale veste dominus di tutte le attività illecite della cosca".
Gli arrestati
Insieme al capocosca, coinvolti, fra gli altri, Domenico Massa, Luca Talarico, Cosimo D'Ambra, Antonio Falabella, nonché Alessandro Forastefano, Silvio Forastefano, Saverio Leto, Fabrizio Lento, Stefano Bevilacqua, Damiano Elia, Antonio Antolino, Leonardo Falbo, Gianfranco Arcidiacono, Francesca Intrieri, "per aver partecipato all'associazione" mediante "la partecipazione di ciascun associato", e "attraverso un'articolata distribuzione di compiti e funzioni, nonché la sostanziale fungibilità fra i vari membri" per il "compimento di una serie di azioni delittuose, estorsioni, specie in danno di imprenditori del settore agricolo e del trasporto in conto terzi su gomma, oltre a truffe in danno dell'Inps e di società di lavoro interinale".
Il Ruolo dell'avvocato
Infine, il ruolo dell'avvocato Giuseppe Bisantis, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, "atteso che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa e privo dell'affectio societatis, ha fornito tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, che ha avuto un'effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione e del rafforzamento delle capacità organizzative dell'associazione, e che era diretto alla realizzazione del programma criminoso della medesima. In particolare, Bisantis, avvocato, presentato ai capi dell'associazione da Luca Laino, ha assunto il ruolo di legale dell'associazione, assumendo un ruolo centrale nella perpetrazione delle truffe nel settore agricolo".