Addio a Bruno Pizzul, il gigante buono della telecronoca

Addio a Bruno Pizzul, il gigante buono della telecronoca Photo Credit: Agenzia Fotogramma.it
05 marzo 2025, ore 08:14
Ritratto di una voce storica del calcio italiano, portatore di valori che si stanno perdendo
COMPETENZA ED ELEGANZA
È un modo di dire di cui si abusa, specie nei commiati; ma prima di tutto Bruno Pizzul era davvero una persona per bene. Poi è stato anche un grande telecronista: abbinava la proprietà di linguaggio del professore di lettere alla competenza dell’ex calciatore. Aveva svolto entrambe le professioni, prima di entrare in Rai da vincitore di un concorso, quindi niente segnalazioni e nessuna tessera di partito. Aveva un grande talento nell’azzeccare i toni giusti: sapeva emozionare e coinvolgere, ma senza esagerare. Sempre con grande equilibrio ed equidistanza. E senza prendersi troppo sul serio.
VOCE AZZURRA
Bruno Pizzul è morto nella notte all’ospedale di Gorizia. Sabato prossimo, 8 marzo, avrebbe compiuto 87 anni. Era nato a Udine, ha vissuto per quasi tutta la vita a Milano, ma dopo essere andato in pensione aveva voluto tornare in Friuli, il suo buen retiro. Assunto in Rai nel 1969 è stato telecronista di calcio ( ma non solo, si ricordano sue telecronache anche di bocce) fino al 2002. È stato la voce della Nazionale dal 1986, quando prese il posto di Nando Martellini. A differenza del suo predecessore non è riuscito a raccontare la conquista di un trofeo da parte dell’Italia, nonostante abbia seguito gli azzurri in cinque mondiali e quattro europei. In compenso sono stati numerosi i successi delle squadre italiane nelle coppe europee che hanno avuto la sua voce come sottofondo. Per molti anni è stato conduttore di Domenica Sprint e di Sportsera e per una stagione ha guidato anche la Domenica Sportiva.
ALLO STADIO IN BICI
Bruno Pizzul ha girato il mondo, ma non aveva la patente. A San Siro ci andava in bicicletta, e la legava con una catena al cancello dello stadio. In un mondo patinato, uno straordinario esempio di normalità. Chi ha avuto il privilegio di girare con lui ha potuto constatare quanto fosse popolare, quanta gente lo fermasse per un saluto, un autografo, una foto. E lui sempre cortese e disponibile, con tutti. Piacevole compagno di trasferta, amava il buon cibo, il buon vino e la compagnia. Persona colta, non era uno che parlasse solo di calcio, anzi. Mai al centro di una polemica, mai identificato come tifoso di una squadra, era quanto di più lontano dai veleni che oggi corrono sui social. È simbolo di un mondo pacato e corretto che si sta perdendo. Ci mancherà.