Alberto Stasi, sono innocente, dormo con la coscienza a posto

Alberto Stasi, sono innocente, dormo con la coscienza a posto

Alberto Stasi, sono innocente, dormo con la coscienza a posto


24 maggio 2022, ore 19:30

Intervistato dalle Iene nel Carcere di Bollate, dove sta scontando sedici anni di reclusione per il delitto della fidanzata Chiara Poggi

Scoop delle Iene, il programma televisivo di Italia 1, che ha intervistato Alberto Stasi, in carcere a Bollate per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Sedici anni di reclusione, questa la sentenza definitiva: "Ho deciso di parlare per dare un senso a questa esperienza, perché certe cose non dovrebbero più accadere. Se una persona vive delle esperienze come quella che ho vissuto io questa deve essere resa pubblica, a disposizione di tutti, e visto che ho la possibilità di parlare lo faccio, così che le persone capiscano, possano riflettere e anche decidere, se il sistema che c’è va bene oppure se è opportuno cambiare qualche cosa". Stasi si continua a dichiarare innocente: "Quando mi chiedono se ho ucciso io Chiara penso che non sanno di cosa stanno parlando. Nell’immaginario comune un innocente in carcere è un qualcuno che soffre all’ennesima potenza. Per me non lo è, semplicemente perché la mia coscienza è leggera. Alla sera quando mi corico io non ho nulla da rimproverarmi. Certo, ti senti privato di una parte di vita perché togliere la libertà a una persona innocente è violenza, però non hai nulla da rimproverarti, l’hai subita e basta, non è colpa tua".


Vicenda mediatica

Chiara Poggi, 26 anni, venne trovata morta proprio dal fidanzato nell’agosto del 2007 nella villa della famiglia nel paesino in provincia di Pavia. Per quel delitto Stasi venne subito iscritto nel registro degli indagati e, dopo essere stato giudicato innocente per due volte, venne condannato a sedici anni di carcere. Indagini che Stasi non appoggia: "Sono passati 15 anni ma in quegli anni i Ris di Parma erano un po’ mitizzati. La sera la gente guardava la televisione e li vedeva risolvere i delitti più complicati nel tempo di un episodio. Scoprire che in realtà le persone venivano portate in carcere sulla base di test che non distinguevano il sangue da una barbabietola, illuminava una situazione che si pensava diversa. Ecco perché dico che quel momento fu come un punto di non ritorno: non si trattava più di svolgere un’indagine ma si trattava di salvare la propria carriera, la propria reputazione. Questo poi ha comportato tutta una serie di conseguenze, di inerzie, di incapacità di tornare indietro. Per ammettere i propri sbagli bisogna avere coraggio, carattere. Il Pm non è mai andato a dire “Questo provvedimento era prematuro”, perché poi l’accertamento definitivo risultava, appunto, negativo". L'intervista sarà trasmessa nel corso dello speciale in onda questa sera.


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