01 dicembre 2020, ore 19:31 , agg. alle 10:26
L'abitazione è stata messa in vendita a seguito del contenzioso tra i coniugi Lorenzi e l'avvocato Carlo Taormina per il saldo delle spese legali
L'offerta minima è di circa 626mila euro e il valore stimato di circa 835mila. La proprietà andrà all'asta il 19 Febbraio alle 9 del mattino. Il termine per la presentazione delle offerte è fissato per le 13 del 18 febbraio. Il valore stimato dell'immobile che, come si legge sul sito del Tribunale di Aosta, è classificato come villa bifamiliare e si estende su 681 metri quadrati, è di 835.300 euro, l'offerta minima per la partecipazione alla vendita è di 626.475 euro. Nella perizia si legge che si tratta di una "villa di pregio isolata su quattro lati" e "bifamiliare": le due unità immobiliari "sono utilizzate dai proprietari quale seconda casa". Inoltre "il fabbricato, nel suo complesso, risulta in ottime condizioni generali". La "stima dei costi di regolarizzazione" tiene conto, tra l'altro, della mancanza di "comunicazione di fine lavori", del "certificato di abitabilità" non richiesto, di una diversa suddivisione dei locali nel sottotetto e in un deposito interrato (entrambe sanabili) e di una scala in legno - tra il primo piano al sottotetto - da rimuovere (era prevista una botola).
Spese legali mai pagate
In base a una sentenza civile passata in giudicato a Bologna, Anna Maria Franzoni, condannata per l'omicidio del figlio Samuele, avvenuto proprio nella casa di Montroz nel gennaio 2002, deve al suo ex legale oltre 275mila euro per il mancato pagamento degli onorari difensivi, divenuti circa 450mila nell'atto di pignoramento. È stato il tribunale di Aosta, un mese fa, a disporre la vendita dell'immobile, dopo aver respinto, a settembre, le richieste di sospensione dell'esecuzione immobiliare da parte dei coniugi Lorenzi. 'Sono felice dell'esito della procedura e che si possa arrivare in tempi brevi, grazie alla celerità del tribunale e ai collaboratori della procedura, alla vendita all'asta'', ha commentato Giuseppina Foderà, legale di Carlo Taormina.
Un delitto mediatico
Alle ore 8:28 del 30 gennaio 2002 il centralino valdostano del 118 ricevette una telefonata di Annamaria Franzoni, dalla frazione Montroz di Cogne, che chiedeva l'intervento di soccorsi sanitari avendo appena trovato il figlio Samuele, di tre anni, che "vomitava sangue" nel proprio letto. La Franzoni aveva già contattato pure il medico di famiglia, la dottoressa Satragni. Questa intervenne per prima ed ipotizzò una causa naturale (aneurisma cerebrale) sostenendo a lungo questa ricostruzione affermando che il pianto disperato del bambino, scopertosi solo in casa, avrebbe potuto provocare "l'apertura della testa". La vittima infatti mostrava una profonda ferita al capo con fuoruscita di materia grigia. La dottoressa inoltre lavò il volto e il capo del piccolo e lo spostò fuori casa - su una barella improvvisata. Queste azioni, motivate dall'urgenza della rianimazione, compromisero tuttavia la scena del delitto e le condizioni della vittima. Le ipotesi iniziali vennero smentite, in prima fase dai soccorritori e successivamente dai risultati dell'autopsia. I soccorritori sopraggiunti in elicottero constatarono che le ferite sul corpo della vittima erano frutto di un atto violento e avvisarono i carabinieri, che effettuarono i primi sopralluoghi. L'autopsia stabilì come causa del decesso almeno diciassette colpi sferrati con un corpo contundente. Lievi ferite sulle mani fecero supporre un estremo tentativo di difesa. Quaranta giorni dopo il delitto la madre fu iscritta nel registro delle notizie di reato con l'accusa di omicidio e il 14 marzo 2002 venne arrestata con l'accusa di omicidio volontario, aggravato dal vincolo di parentela; ma il Tribunale del Riesame di Torino il 30 marzo ordinò la sua scarcerazione per carenza di indizi. Dopo una lunghissima battaglia giudiziaria per Annamaria Franzoni la condanna, 16 anni di carcere, divenne definitiva con una sentenza della Cassazione del 2008. Dal settembre 2018 Annamaria Franzoni è una donna definitivamente libera. I 16 anni di reclusione sono stati ridotti a meno di 11 grazie all'indulto e ai giorni di liberazione anticipata. La notizia dell’avvenuto fine pena è diventata di dominio pubblico il 7 febbraio 2019.