Alle 11 del mattino dell'11 novembre del 1918 finì la Prima guerra mondiale, si trattò, in pratica, però, solo di una tregua
11 novembre 2021, ore 12:30
In quel momento la Germania firmò un umiliante armistizio, su un vagone ferroviario vicino a Compiegne, in Francia. Gli accordi di pace furono solo un'anticamera della Seconda guerra
Quel che avvenne nel 1919, però, è una specie di triste primato perchè il trattato di pace lasciò, infatti, "scontenti" sia i vinti sia i vincitori, creando, di fatto, le basi per l'ascesa del Nazismo e lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Secondo uno studio degli storici di Focus, l'errore più grave commesso nella stesura del documento fu quello di dimenticare il suggerimento di non umiliare mai il nemico, in questo caso la Germania, che non si è stati in grado di annientare del tutto.
I quattro grandi
Il conflitto si chiuse l'11 novembre del 1918, con la firma dell'armistizio da parte della Germania, e il 18 gennaio del 1919 si aprì, a Parigi, la conferenza di pace per ridisegnare la geografia politica mondiale, regolando i rapporti tra vincitori e vinti. A tal fine, si diedero appuntamento i portavoce di decine di nazioni con in prima fila i "quattro grandi", ossia i delegati delle maggiori potenze vincitrici: Francia, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti. In rappresentanza dei primi tre Paesi vi erano i premier Georges Clemenceau, David Lloyd George e Vittorio Emanuele Orlando, mentre per gli statunitensi partecipava il presidente Woodrow Wilson. I lavori terminarono il 21 gennaio del 1920, ma il giorno fondamentale fu il 28 giugno del 1919, data della firma del cosiddetto Trattato di Versailles, composto da 440 articoli divisi in 16 parti e così chiamato poiché siglato nella celebre reggia francese. Prima di vedere la luce, il documento fu anticipato da aspre discussioni tra i quattro grandi, che dibatterono a lungo sui confini da assegnare alle varie nazioni e, soprattutto, sulla punizione da riservare alla Germania, considerata responsabile assoluta del conflitto. A scontrarsi furono in particolare Clemenceau, animato da sete di vendetta, e Wilson, che sembrava avere visioni più equilibrate.
La vendetta della Francia
Alla fine prevalsero molte delle idee wilsoniane, ma se la pace fu teoricamente senza vincitori, i "vinti" ci furono eccome. La Germania subì infatti la temuta vendetta della Francia, nazione che più di altre aveva patito gli effetti del conflitto. L'idea era quella di annientare i tedeschi e infliggere loro anche un sonoro schiaffo morale, intenzione evidente fin dalla scelta del luogo per la firma del trattato di pace: la Galleria degli Specchi di Versailles, già sede nel 1871 della proclamazione dell'Impero tedesco dopo la sconfitta subita dai francesi nella guerra franco-prussiana. Per completare la rivincita, la Francia si riprese l'Alsazia e la Lorena, regioni che aveva perso proprio in quel conflitto.
Umiliazione tedesca
Alla Germania, continua ad argomentare la ricerca di Focus, costretta a sottoscrivere il trattato finale, fu inoltre tolto ogni possedimento coloniale e furono imposte grosse restrizioni in ambito militare: la leva obbligatoria fu sospesa, l'esercito fu ridotto a centomila unità (altre limitazioni riguardarono la marina, mentre l'aviazione fu eliminata) e furono messi al bando gli armamenti pesanti. Non solo: la Germania dovette demilitarizzare la Renania, territorio al confine con la Francia, e concedere a quest'ultima l'occupazione della Ruhr, regione ricca di miniere di carbone. I tedeschi furono, infine, obbligati a lasciare alla Polonia il territorio della città di Danzica, con relativo sbocco sul Mar Baltico (il "corridoio polacco"). Il capitolo più pesante fu, tuttavia, quello delle riparazioni di guerra: lo Stato tedesco fu obbligato al pagamento di ben 132 miliardi di marchi oro, cifra smodata la cui entità gettò il Paese in uno stato di angoscia e inquietudine, alimentando una profonda crisi economica e i peggiori propositi di vendetta.