C'è un neologismo che ha fatto capolino nella lingua italiana qualche tempo fa e che non ha conosciuto immediatamente la dovuta fortuna; io credo che il suo tempo sia ora. La parola nuova è ONLIFE. Il termine, coniato dal filosofo Luciano Floridi, nasce dalla contrazione delle espressioni «online» – comunemente utilizzata per descrivere uno stato di connessione a Internet e, più in generale tutto l’insieme delle attività compiute in Rete – e «offline» – che indica, invece, lo stato opposto, cioè disconnessione dalla Rete e dalle varie attività che lì avvengono.
Un posto in prima fila
Lo scorso anno la Treccani ha inserito ONLIFE tra i nuovi termini della nostra lingua declinandolo in diverse definizioni; per esempio: "Dimensione vitale, relazionale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica, vista come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva”. Sulla nota enciclopedia si legge anche: “Vive onlife… una vita che non distingue più tra online o offline”. Vi ricorda qualcosa? Immagino possiamo definirla come una nuova condizione umana, e se prima del virus sarebbe sembrato un azzardo lanciarsi in una definizione così caratterizzante, adesso non ci sono dubbi che la nostra situazione si possa, forse addirittura si debba definire così.
Prima il pensiero, poi la parola
Certo i precursori dell’onlife-pensiero già esistevano, ben prima della nascita del neologismo; sono tutti coloro che già da tempo vanno dichiarando che le due vite, online e offline, non possono in alcun modo considerarsi separate; sono coloro che da sempre si battono contro chi insiste nel definirsi esclusivo-analogici o esclusivi- digitali. Costoro, certi della bontà del loro pensiero si sono impegnati come non mai per far comprendere alla generazione X - i nati tra la metà degli anni 60 e gli 80 - quanto fosse importante trovare nuove modalità per comunicare con la successiva generazione Y – i nati tra gli anni 80 e il 2000, i nativi digitali, cosiddetti Millennials - e quella dopo ancora, la generazione Z - i 15-17enni. A combatterli, nella trincea di fronte, gli analogico – nostalgici, quelli che “Basta internet! Torniamo a parlarci di persona e a guardarci negli occhi! Questi giovani sono intorpiditi dalla tecnologia, dovrebbero disintossicarsi!” Fatiche che hanno dato scarsi risultati, fino a quando, un giorno compreso tra la fine febbraio e la fine marzo 2020, tutto è sembrato dissolversi come neve al sole. Magicamente online e offline si sono messi a fluire in modo naturale e, soprattutto, intergenerazionale. Digitali e analogici convivono sotto gli stessi tetti, si intersecano in modo tangibile, palpabile.
E adesso, tutti "onlife"
Gli studenti leggono offline il loro testo scolastico mentre seguono online l’insegnante dal loro tablet. Amiche e amici chiacchierano online tra di loro il mentre cucinano offline, ciascuno a casa propria, muffin, crostate, pastiere e variegati piatti di alta cucina seguendo online spettacolari tutorial di noti chef. Gli orfani della palestra si allenano offline con yoga, pilates, sessioni di workout, speciali addominali-cosce-glutei grazie a eccellenti trainer e istruttori, online naturalmente. Se qualcuno non avesse ancora preso dimestichezza con il neologismo in questione, suggerisco di iniziare in tempi brevi. Le vite ONLIFE sono ormai una realtà; e questo termine si addice come nessun altro a raccontare quasi tutto ciò che ci ritroviamo a fare in questi giorni e che sempre più ci ritroveremo a fare in futuro.