01 agosto 2020, ore 13:19
Il prof. Cottarelli, direttore dell’osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, ha analizzato la situazione economia italiana alla luce degli interventi dell’Unione Europea
E’ arrivata nella giornata di ieri la notizia che il Pil, il Prodotto Interno Lordo del Paese, è crollato del 12,4% nel secondo trimestre. La stima fatta dall’Istat fotografa la forte contrazione che l’economia italiana sta subendo. Il Prof. Carlo Cottarelli, direttore dell’osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica di Milano, ha analizzato l’attuale situazione economica in collegamento con RTL 102.5, partendo dall’importante risposta europea: “Non era scontato l’intervento dell’Europa poiché non c’era stata la medesima risposta unita durante la crisi 2008-2009, né durante quella del 2011-2012 o almeno nell’immediato – ha sottolineato Cottarelli, spiegando la necessità di un intervento di questo tipo da parte dell’Unione Europea - molti paesi, tra cui l’Italia, avrebbero avuto grosse difficoltà a finanziarsi e a prendere soldi a prestito sui mercati finanziari, perché già indebitati” ha ricordato il Professore, chiarendo l’utilità di questi fondi, che andranno a sostenere l’economia ed aumentare il deficit pubblico, finanziando così il calo delle entrate.
“Pil ed occupazione vanno di pari passo”
In attesa di capire come verranno utilizzati i fondi europei, Cottarelli chiarisce un aspetto fondamentale sull’iter procedurale: “Spetta al Governo presentare ad ottobre una bozza di progetto all’Europa, ma la presentazione ufficiale del progetto dovrebbe essere possibile soltanto all’inizio del 2021, mentre per l’erogazione dei fondi, bisognerà aspettare la seconda metà dell’anno prossimo”. La data ultima ad ottobre per mettere a punto un progetto, è necessaria se si vuole ottenere i finanziamenti entro l’anno prossimo, perché l’Europa deve sapere quali sono le strategie che ciascun Paese adotterà ha chiarito il Professore. Non solo il crollo del Pil, ma un altro dato allarmante preoccupa il nostro Paese in queste ore: sono 600mila i posti di lavoro persi nonostante il divieto di licenziamento in vigore. “Non è che Pil e occupazione vadano ognuno per conto proprio, se non si produce, non c’è domanda e ovviamente ci sono meno posti di lavoro” ha precisato Cottarelli, spiegando come il blocco dei licenziamenti abbia ovviato solo per coloro i quali avessero in essere un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre le tante altre con contratti temporanei, non sono stati rinnovate. E allora come risolvere questa situazione? “L’unico modo è che si ricominci a produrre, che il Prodotto Interno Lordo ricominci a crescere. E’ necessario un grande piano di investimenti pubblici, digitali e di manutenzione" ha sollecitato, ricordando che oggi le risorse ci sono, visti gli acquisti da parte della Banca Centrale Europea dei titoli di stato per circa 230-240 miliardi.
“Per rientrare dal debito sono necessari gli investimenti pubblici”
Analizzato il problema si pensa ad una soluzione, partendo dal ruolo centrale della Bce in tutta la vicenda. “Quasi tutto il debito pubblico viene creato e finanziato dalla Banca Centrale Europea e per l’Italia, nello specifico, dalla Banca d’Italia – ha spiegato Carlo Cottarelli, che avanza previsioni future qualora l’inflazione tornasse a crescere nei prossimi anni – il rischio è che la Bce non potrebbe più essere generosa come lo è in questo periodo, ma dovrebbe smettere di comprare titoli di stato italiani e addirittura venderli”. Cottarelli non ha dubbi sulla strategia che il governo deve adottare per tracciare un percorso di ripresa: “L’Italia deve tornare a crescere, ma non è sufficiente tornare alla situazione dell’anno scorso. Servono riforme che incentivino gli investimenti pubblici – ha sottolineato il direttore dell’osservatorio sui conti pubblici, ricordando come il sistema burocratico italiano, così come strutturato oggi, sia vincolante – è fondamentale poi pensare alla riforma della giustizia, perché velocità dei procedimenti e certezza del diritto favoriscono gli investimenti, ma senza trascurare l’investimento più importante, quello in capitale umano” ha concluso.