14 settembre 2021, ore 15:00
Mentre gli zii affidatari del piccolo Eitan rilasciano dichiarazioni ai media israeliani, gli inquirenti indagano anche la nonna materna per sequestro di persona aggravato.
Emergono nuovi dettagli sulla vicenda del piccolo Eitan, il bimbo di 6 anni unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone del 23 maggio scorso, al centro dell’attenzione della cronaca dopo essere stato sottratto dal nonno materno all’affidamento degli zii italiani e portato in Israele.
La Procura di Pavia nei giorni scorsi ha aperto un’inchiesta per sequestro di persona – aggravato dal fatto che la vittima è minorenne – iscrivendo al registro degli indagati non solo il nonno Shmuel Peleg, responsabile di aver fisicamente portato il bambino all’estero, ma anche la nonna materna.
La procura indaga anche la nonna materna
Il piccolo Eitan è stato portato in Israele venerdì scorso a bordo di un volo privato partito da Lugano e gli inquirenti sono a lavoro per capire il possibile ruolo ricoperto dalla nonna materna nella vicenda. La signora, infatti, potrebbe aver aiutato l’ex marito a portare il piccolo all’estero: giunta in Italia insieme a lui nei giorni antecedenti al presunto rapimento, sarebbe tuttavia rientrata in patria il giorno prima del fatto.
Per i parenti italiani del piccolo non c’è dubbio: i due sono in combutta. Ieri era stato lo stesso zio paterno di Eitan, Or Nirko, ad accusare la nonna materna di complicità nel sequestro. Non è chiaro, tuttavia, se ci siano altre persone coinvolte in modo diretto nell’allontanamento del piccolo: la zia Aya, tutrice legale del bambino, a Pavia, aveva raccontato che il Peleg, quando era andato a prendere Eitan per la visita concordata, aveva parcheggiato lontano dell’abitazione. Non era stato dunque possibile verificare se nella macchina vi fossero altri complici ad attenderlo. Su questo, infatti, si stanno concentrando gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Mario Venditti.
Le dichiarazioni degli zii italiani
Negli ultimi giorni, appurato il trasferimento del piccolo Eitan in Israele, gli zii affidatari si sono impegnati per tenere accesi i riflettori sulla vicenda, rilasciando interviste ai media israeliani e italiani. Proprio questa mattina la denuncia di Or Nirko in un’intervista alla tv Canae 12: "La famiglia Peleg trattiene Eitan come i soldati dell'esercito israeliano sono tenuti prigionieri nelle carceri di Hamas". Lo zio ha affermato che i nonni materni si rifiutano di rivelare la posizione esatta del bambino, “Lo nascondono in una specie di buco", ha aggiunto. L’ipotesi che il bambino si trovasse all'ospedale Sheba, a detta di Nirko, sarebbe stata smentita da un sopralluogo: "C'è andato mio fratello, ma Eitan non c'è".
I due zii italiani, inoltre, hanno affermato di non essere rimasti sorpresi dagli sviluppi della vicenda: “Temevamo che sarebbe successo. Malgrado i nostri avvertimenti, il Tribunale ha consentito alla famiglia Peleg di proseguire le visite e questo è quanto è avvenuto. Nel momento in cui si è presentata l'occasione hanno rapito il bambino". Per Nirko "Shmuel Peleg non ha agito da solo ma ha avuto un grande aiuto altrimenti non avrebbe potuto organizzare un'operazione del genere". Lo zio ha inoltre precisato che "Eitan è cresciuto tutta la sua vita in Itala. Non ha mai vissuto in Israele e non ha amici lì".
In mattinata la secca replica riferita da fonti legali vicine alla famiglia materna: Eitan "sta bene". Nell'ambito del procedimento sull'affidamento si dovrebbe "chiedere a Eitan dove vuole vivere" attraverso "l'ascolto e la verifica delle reali condizioni del minore" con "una consulenza tecnica d'ufficio e quindi in contraddittorio tra le parti". Queste le parole dell'avvocato Sara Carsaniga, uno dei legali della famiglia materna.
La Convenzione dell'Aja
I legali degli zii affidatari hanno deciso di appellarsi alla convenzione dell’Aja, che tutela e assicura il rientro dei minori presso le famiglie affidatarie nei Paesi di residenza nei casi di sottrazione internazionale. Ad aggravare la situazione del nonno materno anche la decisione del Tribunale di Pavia che, l’11 agosto scorso, aveva vietato l'espatrio per il bambino – che avrebbe potuto lasciare il Paese solo sotto consenso della tutrice.
La Farnesina per ora rimane cauta: “Stiamo accertando l’accaduto per poi intervenire”, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.