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Cassazione, “il governo deve pagare i migranti della Diciotti”. Maggioranza in rivolta contro i giudici

Cassazione, “il governo deve pagare i migranti della Diciotti”. Maggioranza in rivolta contro i giudici

Cassazione, “il governo deve pagare i migranti della Diciotti”. Maggioranza in rivolta contro i giudici Photo Credit: Agenzia Fotogramma


Per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si tratta di “un verdetto frustrante che non avvicina i cittadini alle istituzioni”. Secondo il leader della Lega Matteo Salvini: “E' un’invasione di campo, risarcissero i magistrati se amano i clandestini”

La Cassazione ha accolto il ricorso presentato da un gruppo di migranti a cui, dal 16 al 25 agosto del 2018, dall'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini, fu impedito di sbarcare dalla nave Diciotti della Guardia Costiera che li aveva soccorsi in mare. Il governo, quindi, dovrà risarcire i danni non patrimoniali determinati nei profughi dalla privazione della libertà.

La maggioranza

Ira della maggioranza. La premier Giorgia Meloni: "La Cassazione afferma un principio risarcitorio opinabile. Abbiamo pochi soldi, è frustrante spenderne per i migranti illegali". Il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini: "Una sentenza vergognosa, è un'altra invasione di campo, che risarcissero le toghe se amano i clandestini". E il ministro degli Esteri, nonché leader di Forza Italia, Antonio Tajani: "Ma è proprio dovere del governo difendere i confini". Insomma, ecco un nuovo scontro fra esecutivo e giudici poche ore dopo l'incontro a Palazzo Chigi con l'Anm, l'Associazione nazionale magistrati. Tanto che  la prima presidente della Corte, Margherita Cassano, replica con veemenza alle polemiche in seguito alla sentenza sulla Diciotti: "Le decisioni della Corte di Cassazione, al pari di quelle degli altri giudici, possono essere oggetto di critica. Sono invece inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto".

Il caso

Il caso Diciotti, che prende il nome dal pattugliatore della Guardia Costiera, era stato aperto in un caldissimo agosto siciliano del 2018 sul versante penale dal procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio. Salito a bordo della nave ormeggiata nel porto di Catania, per una clamorosa ispezione con mascherina, guanti e calzari usa e getta, il 25 agosto iscrisse l'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini nel registro degli indagati per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio. Salvini chiedeva che fosse Malta a prendersi carico dei migranti, e intanto questi restavano a bordo della nave in condizioni che Patronaggio definì "devastanti".

Il Parlamento

Dopo cinque mesi, durante i quali la pratica rimbalzò fra tre Procure siciliane e due Tribunali dei ministri, il dossier sbarcò in Parlamento dopo che il Tribunale dei ministri di Catania si era determinato per la richiesta di autorizzazione a procedere, che poi fu negata. Per dieci giorni, dopo il soccorso in mare, i migranti erano rimasti a bordo dell'unità della Guardia costiera che aveva reiterato, anche a ridosso della conclusione della vicenda, la necessità di procedere allo sbarco per la criticità delle condizioni a bordo. Tredici dei 190 erano stati salvati e evacuati d'urgenza a Lampedusa. Poi per cinque giorni, dal 20 al 25 agosto, gli altri erano rimasti sul natante ormeggiato nel porto etneo in attesa di una soluzione. 


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