Catcalling, condannati a un mese di carcere, con pena sospesa, 3 militari dell'esercito
28 aprile 2023, ore 08:00
Uno dei primi casi di catcalling finiti in un'aula di giustizia, coinvolge tre militari accusati di aver rivolto molestie verbali a una ragazza di 19 anni, presa di mira con fischi e commenti sessisti mentre camminava in strada
Processati e condannati a un mese di carcere, con pena sospesa e non menzione. A deciderlo è stato ieri il giudice monocratico milanese Luigi Fuda che ha ritenuto colpevoli i tre uomini che ai tempi della vicenda, il 21 marzo 2021, erano militari dell'esercito, addetti al servizio Strade Sicure a Milano e che, in seguito all'indagine, sono stati trasferiti a Torino, mentre uno di loro si è infine dimesso. Il giudice della settima sezione penale ha, inoltre, disposto un risarcimento nei confronti della giovane di 3 mila euro e il pagamento delle spese processuali. Anche se bisognerà aspettare le motivazioni - saranno depositate entro 60 giorni - il Tribunale ha in sostanza condiviso la ricostruzione del vice procuratore onorario Marisa Marchini che, al termine della sua requisitoria, ha chiesto per ciascuno la condanna a due mesi di carcere senza la concessione delle attenuanti generiche, in quanto i tre imputati, che hanno agito in concorso tra loro, "non hanno chiesto scusa" e all'epoca dei fatti non hanno considerato la giovane età della vittima.
LE ACCUSE
"Avrebbero dovuto tutelare la tranquillità pubblica e invece hanno creato turbamento in una ragazza" di 19 anni, "supportandosi e spalleggiandosi a vicenda", ha evidenziato il Vpo Marchini. Il legale di parte civile, Roberta Bianchi, ha spiegato che la giovane "è ancora visibilmente turbata" e quando ricorda la vicenda piomba "in uno stato d'ansia e di paura" come quelli di allora. "Era provata per la violenza delle parole - ha aggiunto l'avvocatessa - e la petulanza dei tre militari che avrebbero dovuto vigilare e invece hanno passato il loro pomeriggio a bivaccare e molestare". La ragazza, che ha ora quasi 21 anni, sentita durante il processo ha raccontato che quel pomeriggio, in zona San Siro, era stata bersagliata da commenti sgradevoli dai tre militari, in quel momento fuori servizio e intenti a bere birra in un bar vicino a casa sua. "All'inizio non ho dato peso alle loro parole. Poi dopo che per tutto il giorno mi hanno importunata, sono esplosa. Alla fine sono scoppiata anche a piangere. Mi sono sentita minacciata. Quando sono intervenuti i miei genitori a difendermi hanno detto 'Non fatela più uscire di casa da sola'".
LA DIFESA DEGLI IMPUTATI
Il difensore dei militari, Salvo Lo Greco, ha sostenuto invece che i tre "hanno semplicemente chiesto alla ragazza e all'amica che era con lei se volevano bere con loro, questo è successo". Inoltre, "nessuno dei testi presenti quel giorno ha confermato quello che ha raccontato la vittima” ha proseguito l'avvocato rivolgendosi al giudice. Sono militari con le loro carriere e il loro lavoro, due mesi di arresto sarebbe un disastro. Allora le chiedo di assolverli con la formula più ampia in quanto il fatto contestato "non può dirsi provato oltre ogni ragionevole dubbio". L'avvocato Lo Greco, prima di concludere, ha precisato, che la 19enne era "interessata a coprire un'altra situazione" ossia quella per cui il padre è stato archiviato: era intervenuto in difesa della figlia schiaffeggiando uno dei militari. Dopo le motivazioni, si attende il secondo round in appello.