#CinemaScoppio - Youth - La giovinezza
16 giugno 2015, ore 18:00 , agg. alle 18:43
"Io invento storie, Frank e per farlo ho bisogno di credere in qualsiasi cosa…"
Se dovessimo concentrare la trama di Youth in poche battute, potremmo dire che è la storia di due anziani personaggi di spessore, oramai giunti al capolinea, i quali traggono conclusioni sulle loro vite vissute e su cosa significhi il passare del tempo in maniera non relativa, bensì universale.
Ho finalmente visto il tanto chiacchierato film di Sorrentino. E...
Mi è piaciuto.
Probabilmente non è tra le migliori pellicole di Paolone, hanno fatto bene anche a non dargli mezzo premio e concordo con tutti quelli che dicono che è vittima dei suoi stessi cliché. Però è anche giusto fare dei distinguo.
La storia comunque c'è, e al di là che Sorrentino si crogioli nella sua stessa retorica, sta in piedi da sola.
Ci sono tre scene madri, scritte come capolavori, grandissime interpretazioni: il dialogo tra Mick (Harvey Keitel) e Brenda (Jane Fonda), lo scambio tra Fred (Michael Caine) e l'emissario della Regina (Alex MacQueen) e l'ultimo confronto tra Fred e Mick.
A onor del vero sono anche altri i punti degni di nota, Jimmy Tree e il suo rifiuto al personaggio che esprime il brutto dell’animo umano, la schiettezza di una figlia (Rachel Weisz) agli occhi del padre.
Detto questo, i punti sorrentiniani traboccano. Fanno anche ridere alla fine dei conti. Perché sembra quasi che ci scherzi sopra apposta. Il quadro dove Fred dirige le mucche come fossero un'orchestra è tanto brutto da essere bello. Però è davvero tracotante di superbia.
Inoltre tratta con estrema schiettezza il tema dell'invecchiare. Tutto passa, nemmeno le emozioni rimangono. In questo il nostro vincitore d’Oscar è un maestro: usa la retorica come un Classico e la dialettica come un campione olimpico di fioretto. Sorrentino è nichilista, si sapeva, o almeno gli piace farcelo credere. Rimane il film più di pancia di Sorrentino, regista molto più cerebrale solitamente.
Last but not least dei buoni motivi per andare a vedere questo film: la fotografia. Io mi sono rotto i cabasisi degli alternativi maître-à-penser che devono dire a tutti i costi che Sorrentino è solo estetica e poco altro. Soprattutto se queste persone hanno studiato l'estetica delle immagini sulle istruzioni delle pentole a pressione.
In Youth l'estetica è fondamentale e nulla viene lasciato al caso. Se vi piacciono i film "tutti-indie" con solo uso di macchine a mano, fuori fuoco e campi che non superano il primo piano, non andate a vedere questo film. Bigazzi è uno dei DOP più talentuosi al mondo e coloro che criticano la fotografia di questi film è solo perché una cosa del genere nei loro lavori non la riusciranno ad avere mai.
E infine sì, facciamolo, caliamo gli abiti da intellettuali di sinistra dietro i quali ci piace celarci: menzione speciale per Madalina Ghenea! La quale incarna alla lettera il brand sorrentiniano della perfezione, o meglio ancora, della perfezione nell’essere imperfetti. E come direbbe un mio amico, vi assicuro che solo questo vale il biglietto d’ingresso.
Argomenti
festival di cannes
madalina ghenea
oscar 2014
paolo sorrentino
youth - la giovinezza