12 aprile 2020, ore 10:00
In panchina un allenatore filosofo, Manlio Scopigno. E quel giorno di cinquant’anni fa la Sardegna si sentì meno isola
Testimonianze d’autore
Domenica 12 aprile 1970, esattamente mezzo secolo fa. Dalle radioline arriva l’annuncio, con la voce gracchiante e inconfondibile di Sandro Ciotti: “L’arbitro De Robbio fischia la fine, il Cagliari ha battuto il Bari 2-0 ed è campione d’Italia! La folla si riversa in campo, peraltro senza eccessiva indisciplina, con molto civismo, come del resto è costume del popolo sardo; Riva e Gori non riescono a liberarsi dall’abbraccio frenetico dei tifosi che stanno invadendo il terreno di gioco”. Il sogno è diventato realtà, il Cagliari entra nella storia conquistando il suo primo e unico scudetto. La Sardegna quel giorno sembra meno isolata. Gianni Brera scrive: “Lo scudetto del Cagliari rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia. Fu l'evento che sancì l'inserimento definitivo della regione nella storia del costume italiano. La Sardegna aveva bisogno di una grande affermazione e l'ha avuta con il calcio, battendo gli squadroni di Milano e Torino, tradizionalmente le capitali del football italiano. Lo scudetto è stata un'impresa positiva, un evento gioioso".
Il mito Gigi Riva
L’uomo simbolo di questa impresa è Gigi Riva. Grande goleador, per tre volte capocannoniere del campionato italiano, schivo ragazzo lombardo con una infanzia e una adolescenza difficili, orfano di entrambi i genitori; la Sardegna lo ha accolto come un figlio. E lui è rimasto fedele a Cagliari, non è mai più tornato indietro; da calciatore ha rifiutato la corte di squadre più importanti, più ricche, con le quali avrebbe guadagnato e vinto di più; da uomo ha messo le radici in quella che a tutti gli effetti è la sua terra, anche se l’accento sardo non lo ha mai avuto. Giggirriva ( tutta una parola) è motivo di orgoglio per tutti i sardi e da qualche mese è anche presidente onorario del Cagliari.
Dalla Sardegna al Messico
Compagni di avventura in quella cavalcata vincente erano stati il portiere Ricky Albertosi, poi il brasiliano Nenè (un altro che una volta sbarcato in Sardegna c’è rimasto per tutta la vita), l’attaccante Bobo Gori, l’ex interista Domenghini. Poi ancora Cera, Martiradonna, Niccolai. Una folta rappresentanza del Cagliari tricolore nell’estate del 1970 partecipò al Mondiale del Messico, quello dell’Italia in finale dopo il leggendario 4-3 inflitto alla Germania Ovest nei supplementari della semifinale allo stadio Atzeca.
L’allenatore filosofo
A guidare dalla panchina il Cagliari fino allo scudetto fu Manlio Scopigno, allenatore soprannominato “il filosofo”. Dissacrante, anticonformista, era maestro di tattica, non amava il ruolo di sergente, voleva responsabilizzare i giocatori. Racconta Pierluigi Cera: “Eravamo in ritiro e una sera in sette o otto, in barba alle regole, ci eravamo dati appuntamento in una camera per giocare a poker. Fumavamo tutti e giocavamo a carte sui letti. C'era anche qualche bottiglia che non ci doveva essere. Ad un tratto si aprì la porta: era Scopigno. Oddio, pensai, ora ci ammazza! L’allenatore entrò, nel fumo e nel silenzio, prese una sedia, si sedette vicino a noi e tirando fuori un pacchetto di sigarette disse: "Do fastidio se fumo?" In mezz'ora eravamo tutti a letto ed il giorno dopo vincemmo 3-0”.