Come nel film “The Terminal”, uomo vive per sette mesi in aeroporto. La sua esperienza raccontata dal Guardian
09 luglio 2021, ore 18:00
L’uomo che non ha voluto rientrare in Siria allo scoppio della guerra civile nel Paese, ha raccontato di aver vissuto illegalmente in aeroporto
La sua storia ricorda quella del protagonista del film “The Terminal” con Tom Hanks, la differenza è che l’uomo, Hassan Al Kontar, di origine siriana l’esperienza di vivere bloccato in aeroporto l’ha vissuta veramente e non per finzione. Oggi ha 30 enne è ha raccontato dal quotidiano inglese The Guardian che lavorava da 5 anni come marketing manager per una compagnia di assicurazioni ad Abu Dhabi e allo scoppio della guerra civile in Siria, il suo paese natale, sarebbe dovuto partire e arruolarsi, ma non ne aveva nessuna voglia. Al rifiuto, l'ambasciata siriana negli Emirati non gli ha rinnovato il passaporto. Di conseguenza ha perso il lavoro ed è rimasto a vivere illegalmente nel paese arabo. Alla fine del 2016 bloccato dalla polizia è finito per due mesi in una struttura per rifugiati e spedito in Malesia, dove purtroppo non ha potuto chiedere asilo ed è stato respinto.
Un nuovo tentativo
Con l’aiuto della madre e della sorella, che hanno venduto alcuni gioielli di famiglia, Hassan Al Kontar ha acquistato un biglietto aereo per l'Ecuador, ma la compagnia aerea non lo ha fatto salire a bordo. E da qui è iniziata la sua disavventura.
Il terzo tentativo
2000 euro di biglietto persi per il rifiuto della compagnia aerea di farlo salire a bordo. L’idea di imbarcarsi su un volo per la Cambogia come ultimo disperato tentativo di lasciare il paese. Ma arrivato al Phnom Penh International, ad Hassan Al Kontar gli è stato rifiutato l'ingresso, ma non è potuto tornare indietroin mancanza di uno status di rifugiato. Così è rimasto a vivere da clandestino nella sala arrivi dell'aeroporto di Kuala Lumpur.
La vita in aeroporto
Due persone egiziane nelle stessa condizione gli hanno dato una mano all’inizio. L’uomo ha raccontato che dormiva sul pavimento e che spesso era svegliato dai funzionari di polizia e da quelli aeroportuali per interrogarlo. Le giornata di Hassan Al Kontar passavano nel tentativo di risolver i piccoli problemi quotidiani come fare la doccia, mangiare e caricare il cellulare. Al cibo ci hanno pensato alcuni componenti di Air Asia che gli lasciavano il reso dei pasti non serviti sugli aerei. Impossibile avere un caffè.
Il lieto fine
Dopo un periodo di smarrimento, Hassan Al Kontar ha creato un account su Twitter e Instagram dove ha iniziato a condividere la sua storia. Dopo gli incoraggiamenti iniziali, grazie a BBC News Asia la sua storia è emersa ed è arrivato il lieto fine. In totale ha passato sette mesi in aeroporto e due in un carcere. Ora lavora per la Croce Rossa canadese e aiuta un'organizzazione che si occupa del reinserimento dei rifugiati. La sua storia è finita anche su un libro.