Commissione europea, c’è la quadra sulle nomine. E dietro l’accordo la 'mano' del Presidente Mattarella

Commissione europea, c’è la quadra sulle nomine. E dietro l’accordo la 'mano' del Presidente Mattarella

Commissione europea, c’è la quadra sulle nomine. E dietro l’accordo la 'mano' del Presidente Mattarella Photo Credit: Agenzia Fotogramma


L’incontro di pochi giorni fa al Quirinale fra il Capo dello Stato e Raffaele Fitto ha sbloccato lo stallo. Ma a rischiare di far saltare il banco è stato un problema di politica interna spagnola, che ha coinvolto l’esponente socialista Teresa Ribera

I gruppi politici della maggioranza del Parlamento Europeo hanno finalmente trovato un accordo sulla nomina dei sei vicepresidenti esecutivi della prossima Commissione Europea e del commissario ungherese Oliver Varhelyi. "Per noi come Ppe la cosa più importante è avere la Commissione in carica il primo dicembre, perché l'Europa ha bisogno di stabilità'', ha detto a Bruxelles il presidente e capogruppo del Ppe Manfred Weber, confermando l'intesa. Weber ha anche sottolineato, rispondendo ai timori di chi guarda con sospetto le intese tattiche con i gruppi alla destra del Ppe, di essere ''orgoglioso'' di avere nel suo gruppo il partito di centrodestra ungherese Tisza, fiero nemico di Viktor Orban.

Il collegio

I giudizi sui sette componenti del collegio erano stati sospesi in blocco la settimana scorsa, dopo che Ppe e S&D avevano bloccato le conferme, rispettivamente, della spagnola Teresa Ribera, socialista, e dell'italiano Raffaele Fitto, Conservatore ma trattato dai Popolari alla stregua di uno dei loro. A rischiare di far saltare il banco, più che la nomina di Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione, è stato un problema di politica interna spagnola, che anziché rimanere nei confini patri è tracimato a Bruxelles, rischiando di far deragliare l'insediamento della von der Leyen bis, mentre Donald Trump si appresta a tornare alla Casa Bianca. L'intesa sottoscritta, secondo quanto ha riferito il copresidente dei Verdi/Ale Bas Eickhout al termine della conferenza dei presidenti a Bruxelles, si basa sulla ''ripetizione delle linee guida'' della Commissione già presentate nello scorso luglio. Effettivamente nelle due pagine del 'Final Platform Statement' che circola, ad una prima lettura, è arduo trovare grosse novità. Ma ci sono due missive xtra-intese, che garantiscono i contendenti, senza però avere alcun valore giuridico. Se fosse saltata la Commissione, sarebbe stato un disastro, tanto che si sono dovute muovere personalità del calibro dell'ex presidente della Commissione Romano Prodi e dell'ex commissario Mario Monti, entrambi ex premier, per cercare di riportare tutti alla ragione.

L’accordo

L'accordo prevede la nomina dei sei vicepresidenti esecutivi (Teresa Ribera, Raffaele Fitto, Henna Virkkunen, Stéphane Séjourné, Raxana Minzatu e Kaja Kallas) e del commissario ungherese alla Salute, Oliver Varhelyi. Ma è possibile che le deleghe di Varhelyi subiscano qualche ritocco minore, come sui diritti riproduttivi, sui quali comunque le competenze Ue sono limitate. A questo punto, la Commissione von der Leyen bis dovrebbe essere votata nella plenaria a Strasburgo mercoledì prossimo, come programmato, per entrare in carica il primo dicembre. Il voto in plenaria sull'intero collegio dei commissari, a differenza di quello sul presidente della Commissione che si è tenuto nel luglio scorso, è a maggioranza semplice e a scrutinio palese, quindi molto meno insidioso. Ciò non vuol dire che tutto vada per il meglio: una fonte dei Popolari riconosce che l'accordo lascia ''spaccature un po' dappertutto''. Particolarmente arrabbiati i Popolari spagnoli, il cui leader Alberto Nunez Feijòo aveva puntato molto sul siluramento di Teresa Ribera, punta di diamante dei Socialisti nella nuova Commissione, per il resto dominata dal Ppe. Anche nel gruppo S&D non mancano gli scontenti: in particolare, secondo un partecipante alla riunione di gruppo di stamani, i Socialisti francesi si sono distinti per ostilità all'accordo, che prevede la nomina di Fitto vicepresidente esecutivo. Fitto è dell'Ecr, quindi per i francesi è di ''estrema destra'', come ha detto Raphael Glucksmann, ignorando, o fingendo di ignorare, che la storia del politico salentino è iniziata nella Dc per proseguire in Forza Italia e passare poi a Fratelli d'Italia. Contrariamente a molti membri di Fdi, non ha mai militato nel Msi. Un'altra fonte socialista tende ad escludere, comunque, che i francesi, pure scontenti dell'accordo, possano votare contro la Commissione mercoledì prossimo. Weber ha ricordato che l'Ecr ha contribuito alle conferme di tutti i commissari approvati finora in Commissione e che Fratelli d'Italia, votando nella scorsa primavera a favore di parti importanti del patto Ue sulle migrazioni, ha dimostrato di voler ''risolvere i problemi'' a livello europeo, cosa che costituisce un ''buon segnale''.

Weber

Lo strenuo appoggio dato da Weber a Fitto, come se fosse uno dei suoi, si deve soprattutto al contributo della delegazione di Forza Italia, che ha perorato la causa con il capogruppo. Per una fonte, ''c'è molto filo italiano in questa tessitura''. A rischiare di far deragliare la nuova Commissione è stata il riversamento a Bruxelles, senza alcuna attenuazione, di una questione di politica interna spagnola, cioè le responsabilità, tutte da accertare, per il disastro di Valencia del 29 ottobre, quando le piogge torrenziali scatenate dalla Dana, o goccia fredda, un fenomeno meteorologico non infrequente sulla costa orientale della penisola iberica, hanno scatenato alluvioni che hanno provocato oltre 200 morti. In Spagna su questo è in corso da settimane una lotta feroce tra il Pp e il Psoe, entrambi partiti molto forti nelle rispettive famiglie politiche europee. I Popolari spagnoli non si sono ancora ripresi dal fatto che Pedro Sanchez li ha battuti portandoli alle elezioni anticipate, dalle quali il Pp è uscito privo di una maggioranza, a causa del risultato deludente dell'estrema destra di Vox. Sanchez ha quindi formato un suo governo, alleandosi con le sinistre e con i partiti regionali. Sulle responsabilità dei morti di Valencia il Pp ha scatenato la guerra contro Teresa Ribera, anche per allontanare l'attenzione dalle responsabilità del governatore della Generalitat di Valencia, Carlos Mazòn, che è un popolare, accusato di aver tardato molto nel dare l'allarme alla popolazione. Mentre i Socialisti erano stati relativamente gentili nei confronti di Raffaele Fitto (gli attacchi più duri sono venuti dai Verdi, dalla Sinistra e da alcuni deputati liberali), i Popolari, la sera del 12 novembre, hanno attaccato duramente Ribera in audizione. A quel punto è saltato il banco, anche perché i Socialisti si erano rifiutati, la sera prima, di appoggiare Fitto e Varhelyi, lasciando al Ppe l'incombenza. Per i Popolari votare un commissario di Fidesz è un problema, perché nel loro gruppo c'è il partito Tisza, di centrodestra, avversario di Viktor Orban e in ascesa. Il Ppe avrebbe votato Varhelyi per dovere istituzionale, per consentire cioè la nomina della Commissione, come ha spiegato Manfred Weber la settimana scorsa al Corriere della Sera, ma il rifiuto dei Socialisti di fare lo stesso ha irritato i Popolari. C'è anche un altro motivo per cui Weber ha dato via libera ai Popolari spagnoli perché attaccassero Ribera: ha bisogno del loro sostegno nel congresso del partito che si terrà a Valencia in aprile, per essere rieletto, come conferma più di una fonte. Senza il sostegno degli spagnoli, rischia. E quindi, ha sospeso le nomine fino a che Ribera non avesse riferito alle Cortes, cosa che poi è successa a Madrid.

Il Psoe

Anche sul versante socialista, d'altra parte, gli spagnoli del Psoe hanno un notevole potere: sono la seconda delegazione del gruppo e mantengono la presidenza, per concessione del Pd. Perez si è battuta con decisione per la conferma di Ribera, opponendosi, almeno inizialmente, alla nomina di Fitto a vicepresidente esecutivo. Poi è emerso che sulla nomina di Fitto c'era un accordo in Consiglio Europeo tra i leader. Buona parte degli eurodeputati del Pd, prima delegazione dei Socialisti, sono consapevoli del fatto che a Bruxelles conta anche l'interesse nazionale, non solo quello del partito, e che, quindi, la conferma di Fitto a vicepresidente è interesse dell'Italia. Conta anche la geografia: diversi eurodeputati del Sud, anche del Pd, sanno bene quanto sia importante, per il Mezzogiorno d'Italia, avere un vicepresidente alla Coesione. A ricomporre le divergenze di visione tra i Dem ha probabilmente contribuito il fatto che Fitto è stato ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 14 novembre scorso. 


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