Davide Giacalone
03 aprile 2020, ore 14:00
Senza interventi immediati, molte attività rischiano di non aprire mai più e sarebbe la catastrofe
Si deve agire subito, perché dopo avere chiuso per evitare i contagi ci si deve preparare a riaprire. Non basterà che sia cessato il pericolo, occorre che non s’incorra in quello, gravissimo, che quel giorno molti soggetti non siano più esistenti. Molte attività produttive hanno già chiuso, si pensi alla filiera del turismo e della ristorazione, altre restano aperte riducendo drasticamente o azzerando il fatturato.
Serve un intervento immediato
Nel primo caso i costi fissi continuano a correre, nel secondo a quei costi si sommano anche quelli di gestione, ivi compreso il pagamento dei collaboratori. Senza un immediato intervento tutte queste attività finiranno con il non riaprire o per chiudere. Ciò provocherà il non pagamento dei fornitori, avviando così una catena di fallimenti. Quando questa emergenza finirà, pertanto, non solo non è scontato che tutti riaprano, ma è sicuro che molti produttori si troveranno già fuori dal mercato.
Rimedi possibili e convenienti
1. Prevedere un ben più ampio ed esteso rinvio dei pagamenti all’erario e alla previdenza. Valga per tutti, come per tutti valgono le restrizioni.
2. Il rinvio non è una cancellazione, mentre la pretesa a fronte di una impossibilità farebbe divenire inesigibili le somme, cancellandole.
3. Ciò eliminerebbe un aggravio, ma non risolverebbe il problema. La Commissione europea ha opportunamente sospeso ogni vincolo e messo a disposizione dell’Italia fondi per 50 miliardi, ma occorre anche intercettare l’enorme liquidità creata dalle decisioni della Banca centrale europea (a parte gli 870 miliardi per acquisto titoli, di cui circa 250 per l’Italia, ve ne sono 3mila messi a disposizione delle banche, a tasso negativo).
4. Il rischio che corriamo è che quella liquidità scorra potente nei tubi, ma non siano in funzione i rubinetti per portarla ai soggetti produttivi. Il che indebolirebbe l’intero sistema Paese.
5. Occorre che lo Stato offra direttamente garanzia per i prestiti bancari necessari a coprire i costi di gestione e le obbligazioni verso fornitori, così come esistenti già nei primi due mesi dell’anno, o maturati a fronte di contratti o costi successivi. Almeno fino a giugno. Meglio se per l’intero 2020.
6. Le garanzie dovrebbero consentire l’attivazione di finanziamenti a lunga scadenza. Toccherà a ciascun operatore economico onorare quei debiti. La garanzia non è un costo immediato e facilita l’apertura dei rubinetti. Anche per i casi che, nel tempo, evidenzieranno incapacità di onorare gli impegni presi il costo per la collettività sarebbe imparagonabilmente minore di quello che altrimenti nascerebbe dalla chiusure che certamente ci sarebbero, perché non solo farebbero venire meno la produzione di ricchezza, ma abbatterebbero (non solo rinvierebbero) il gettito fiscale.
7. Questo approccio cancella l’ipotesi delle nazionalizzazioni, che oltre a lacerare l’intero tessuto connettivo della libera impresa porterebbe a sommare i costi di acquisizioni a quelli delle croniche perdite di gestione. Il caso Alitalia, purtroppo, ne è il fin troppo evidente esempio.
8. La ripartenza sarà una stagione di crescita, se si sarà capaci ora, subito, di non indebolire il patrimonio di imprenditori e lavoratori.
Questi sono i rimedi possibili per non fare affondare il nostro Paese.
Argomenti
Attività produttive
Contagi
Coronavirus
Economia
Erario