Coronavirus, Franco Anelli, Rettore Università Cattolica: “Dobbiamo prevenire il rischio di abbandono degli studi”

Coronavirus, Franco Anelli, Rettore Università Cattolica: “Dobbiamo prevenire il rischio di abbandono degli studi”

Coronavirus, Franco Anelli, Rettore Università Cattolica: “Dobbiamo prevenire il rischio di abbandono degli studi”


Il Rettore ha raccontato a RTL 102.5 come l’Ateneo milanese abbia cercato di far fronte all’emergenza sanitaria, senza rallentare il percorso di studi degli studenti

Anche l’Università Cattolica del Sacro Cuore si è dovuta organizzare per far fronte all’emergenza coronavirus e, come spiegato dal Rettore, prof. Franco Anelli, non è stata un’impresa facile. “In questi giorni difficili abbiamo tentato di tenere accesa la fiamma, di continuare a fare in modo che l’Università, anche se con modalità non abituali, continuasse ad essere un punto di riferimento” ha detto Anelli, sottolineando come l’intenzione fosse quella di garantire a ciascun studente di proseguire il proprio piano di studi, senza rallentare il percorso.

“Occasione per ripensare e arricchire i modelli operativi”  

Tra le attività messe in pratica dall’Università Cattolica, non solo la didattica online, la quale è costata molta fatica: “Il trasferimento della didattica non è stato facile. Sono 1600 le ore al giorno di didattica nelle nostre sedi e portarle online è stato complicato” ha spiegato il rettore, soddisfatto di come, dopo una prima fase di rodaggio, le cose adesso stiano proseguendo bene. Altro tema cruciale le sessioni di laurea che l’Ateneo è stato in grado di garantire a distanza e, ha proseguito Anelli, “adesso ci stiamo attrezzando per gli esami”. Quella che siamo costretti a vivere è “un’occasione sicuramente per ripensare alcuni modelli operativi, o meglio per arricchire le modalità della nostra attività didattica” ha ribadito, spiegando l’importanza della presenza dell’Università, anche a distanza, con iniziative culturali di vario genere.

I fondi salva studi  

L’Università Cattolica del Sacro Cuore, non essendo statale, ha la necessità di chiedere ai propri studenti dei contributi più alti rispetto a quanto chiesto in altri atenei. “I contributi sono graduati per fasce di reddito, con una fascia standard di diritto allo studio” ha precisato il prof. Anelli, ammettendo come, in questa circostanza eccezionale, anche quegli studenti che non si trovavano in una fascia di difficoltà economica potrebbero diventarlo poiché i genitori, magari artigiani o commercianti, stanno lottando con le conseguenze economiche della pandemia. “Per far fronte a queste esigenze specifiche, piuttosto che una decurtazione generalizzata che non andrebbe a individuare i casi di effettiva necessità – ha proseguito Anelli, introducendo i fondi salva studi - abbiamo pensato di costituire un fondo al quale abbiamo iniziato a conferire delle risorse, per poi arricchirlo con delle attività di fundraising, che esaminerà caso per caso le situazioni che ci verranno rappresentate e potrà erogare dei contributi per sostenere in tutto o in parte l’onere delle tasse scolastiche”.


“Dobbiamo prevenire il rischio di un atteggiamento rinunciatario”

Il compito che abbiamo è anche prevenire il rischio di un atteggiamento rinunciatario che potrebbe farsi largo tra famiglie e studenti nei confronti del percorso universitario” ha denunciato Anelli, ricordando come uno scenario del genere si sia già verificato in seguito alla crisi del 2008, quando molto famiglie hanno fatto sì che i figli rinunciassero agli studi. In quest’ottica, su scala nazionale, si era drasticamente ridotta la percentuale dei diplomati che si iscriveva all’università. Un tema quello dei diplomati e dei laureati da sempre al centro di grandi dibattiti. “Sugli iscritti all’Università la media è meno catastrofica di quanto viene riportato dai sondaggi europei” assicura il rettore, precisando che l’Italia, con le lauree magistrali è in linea con i parametri europei, mentre è più bassa la percentuale di chi consegue lauree triennali perché gli altri Paesi hanno una modalità di formazione post – diploma che l’Italia non ha. Resta ferma la convinzione del prof. Anelli circa il grande lavoro che ancora c'è da fare: “L'idea che una laurea, almeno triennale, debba essere conseguita da tutti deve farsi largo – ha chiarito - poiché una società evoluta ha bisogno di persone con maggiori competenze e conoscenze. E’ questo l’unico modo attraverso il quale possiamo competere sui mercati mondiali” ha concluso Anelli.



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