Coronavirus, uno studio ha stimato che, a lungo termine, sono maggiormente a rischio le persone tra i 40 e i 50 anni
11 aprile 2020, ore 14:12
E' necessario mantenere lo stato di allerta per la sicurezza anche dei più giovani, più a rischio di quanto si pensasse
I risultati dello studio
L’analisi è stata svolta su 70.806 casi di cui 70.117 diagnosticati clinicamente nella Cina continentale mentre i restanti 689 sono stati rilevati tra le persone evacuate da Wuhan. L’obiettivo era stimare il tempo che intercorre tra l’insorgere dei sintomi e la morte o la dimissione dall’ospedale. L’ospedalizzazione avviene nel momento in cui si presentano una serie di sintomi: gli studi clinici sui pazienti ospedalizzati hanno sottolineato come, nelle prime fasi di diffusione del Covid-19, i pazienti abbiano mostrato sintomi come febbre, tosse, mal di gola e affaticamento, tipici di una polmonite virale mentre, successivamente, si siano sviluppate sintomatologie più gravi come dispnea e insufficienza respiratoria. I risultati raggiunti da questo studio, tramite rilevazione di dati e statistiche, riguardano il tasso di mortalità e il tasso di ospedalizzazione. Entrambi crescono drasticamente all’aumentare della fascia di età presa in considerazione. La mortalità, infatti, è stimata pari allo 0,0016% per gli under 10 fino ad un 7,8% per le persone che superano gli 80 anni. L’ospedalizzazione, invece, è pari allo 0,04% per i giovani tra i 10 e i 19 anni mentre è pari al 18% per coloro che superano gli 80 anni. Inoltre, si è registrato un aumento del tasso di ospedalizzazione nei gruppi di età intermedi, tra i 40 (pari al 4%) e i 50 anni (pari all’8%) che, pertanto, non possono rientrare a pieno titolo nella categoria dei meno a rischio. Tra i soggetti a più alto rischio di malattie gravi e morte, tuttavia, restano i soggetti di età superiore ai 60 anni e persone con patologie pregresse come diabete, cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie.