Covid: dalla Procura di Bergamo indice puntato su mancata zona rossa, si potevano evitare 4 mila morti

Covid: dalla Procura di Bergamo indice puntato su mancata zona rossa, si potevano evitare 4 mila morti

Covid: dalla Procura di Bergamo indice puntato su mancata zona rossa, si potevano evitare 4 mila morti Photo Credit: agenziafotogramma.it


Dagli atti dell'inchiesta emerge che l'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro della Salute Roberto Speranza insieme agli altri indagati avrebbero, con la loro condotta, causato la morte di una cinquantina di persone

Il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani ha rivendicato la necessità dell'attività inquirente. Di fronte alle migliaia di morti, non si  poteva chiudere con una archiviazione, secondo il magistrato. Negli atti dell'inchiesta un filo rosso concettuale conduce dalla mole enorme di dati raccolti sino alla costituzione dell'impianto accusatorio ed è quello che nel 2020, quando la pandemia da Covid si palesò in Lombardia con un impatto catastrofico, non ci fu un'adeguata valutazione del rischio. L'accusa contesta il ritardo nell'attuare una zona rossa. L'ex premier Giuseppe Conte, l'allora ministro della salute Roberto Speranza, assieme ad altri indagati tra cui il governatore lombardo Attilio Fontana - scrive la Procura - hanno "cagionato per colpa la morte" di una cinquantina di persone. E per i pm l'istituzione della zona rossa in Val Seriana avrebbe evitato almeno 4.000 morti.

Indagine mastodontica

La procura di Bergamo ha fatto un ''lavoro mastodontico nel vero senso della parola'', ha sottolineato  il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani. ''Ricostruire centinaia di vite, un insieme non solo di provvedimenti, ma anche di migliaia e migliaia di mail e di sms, tutti i rapporti anche di natura estera (il discorso dell'Oms e della mancata attuazione e aggiornamento del piano pandemico) e tutte le attività da parte delle amministrazioni, anche delle singole amministrazioni lombarde, non è un gioco'', ha dichiarato Chiappani, ricordando che la Procura si è avvalsa anche di ''tre consulenze che sono durate oltre un anno''

Ritardi e omissioni

L'inchiesta ha ricostruito presunti ritardi e lacune nell'intervento da parte del governo e delle autorità sanitarie . Si legge nelle carte della procura che l'ex premier Giuseppe Conte, assieme ai componenti del Comitato tecnico scientifico, nelle riunioni del 29 febbraio e 1 marzo 2020, si sarebbe "limitato a proporre (...) misure meramente integrative, senza ancora una volta, prospettare di estendere la (...) zona rossa ai comuni della Val Seriana, inclusi (...) Alzano Lombardo e Nembro nonostante l'ulteriore incremento del contagio", in Lombardia e "l'accertamento delle condizioni che (...) corrispondevano allo scenario piu' catastrofico". Ma nel ritardo dell'istituzione di una zona rossa secondo la Procura ha avuto responsabilità anche il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana che non segnalò all'allora premier Conte la criticità nei comuni della Val Seriana. Fontana non richiese, dunque, "ulteriori e piu' stringenti misure di contenimento" nonostante, scrivono ancora i pm, "avesse piena consapevolezza della circostanza che l'indicatore 'r0' avesse raggiunto valore pari a 2, e che nelle zone ad alta incidenza del contagio gli ospedali erano gia' in grave difficolta' per il numero dei casi registrati e per il numero dei contagi tra il personale sanitario"

Le accuse a Brusaferro

Il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, nonostante le raccomandazioni e gli alert lanciati dall'Oms a partire dal 5 gennaio 2020 avrebbe proposto "di non dare attuazione al Piano pandemico, prospettando azioni alternative, cosi' impedendo l'adozione tempestiva delle misure in esso previste". Brusaferro è indagato per epidemia colposa e rifiuto di atti d'ufficio con, tra gli altri, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, Claudio D'Amario ex dg della prevenzione del ministero, e con Angelo Borrelli, ex capo della Protezione Civile. Le posizioni di Conte  e Speranza, ex premier ed ex ministro della Salute saranno valutate da un tribunale dei ministri già istituito a Brescia. Ma perché si arrivi a un processo nei loro confronti sarà necessaria l'autorizzazione preventiva del Parlamento.


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