Docente discriminata perché lesbica, la Cassazione respinge il ricorso di una scuola cattolica

Docente discriminata perché lesbica, la Cassazione respinge il ricorso di una scuola cattolica

Docente discriminata perché lesbica, la Cassazione respinge il ricorso di una scuola cattolica


03 novembre 2021, ore 18:30

La libertà di insegnamento di un istituto non consente di avere carta bianca, ha chiarito la Suprema Corte, in merito alle discriminazioni messe in atto per l’orientamento sessuale della professoressa

La Sezione lavoro della Corte di Cassazione ha chiuso definitivamente il caso della docente trentina, che non si vide rinnovare nel 2014 il contratto da parte di una scuola cattolica, per sospetti sul suo orientamento sessuale. La notizia è stata diffusa dall'avvocato della donna, Alex Schuster. Il legale ha sottolineato il grande sollievo provato dalla sua assistita, quando ha appreso la notizia che ha posto fine alla sua lunga odissea. La Suprema Corte in buona sostanza ha ritenuto che la libertà d'insegnamento di un ente religioso non consente di avere carta bianca, mettendo in atto discriminazioni di natura sessuale.

L’istituto religioso si era rivolto alla Cassazione nel 217, dopo che la Corte di appello di Trento aveva condannato l’ente , anche in ragione del carattere ritorsivo e diffamatorio delle sue condotte, a un risarcimento alla docente di 30.000 euro a titolo di danno morale e di 13.329 euro a titolo di danno patrimoniale. La Suprema Corte ha rigettato tutti i cinque motivi addotti dalla scuola cattolica per ottenere una inversione di rotta, rispetto al secondo grado di giudizio.


L'ultima parola della Cassazione

"Parte ricorrente invoca disposizioni, anche costituzionali, a fondamento della libertà di organizzazione dell'Istituto religioso, ma non spiega adeguatamente come questa libertà possa legittimare condotte apertamente discriminatorie come quelle ritenute ed accertate dai giudici trentini", si legge nel pronunciamento della Sezione lavoro Cassazione, che ha messo la parola fine alla vicenda. L’Istituto è stato anche condannato al pagamento delle spese legali per 9870 euro



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