16 febbraio 2021, ore 10:00
In silenzio davanti al gip di Macerata Giovanni Maria Manzoni, madre e figlio, ora in carcere rispettivamente a Pesaro e Ancona, arrestati per concorso nell'omicidio premeditato di Rosina Carsetti, 78 anni a Montecassiano
Arianna Orazi, 49 anni, figlia di Rosina, è accusata di essere l'ideatrice del delitto maturato la vigilia di Natale per rapporti familiari deteriorati nella villetta di via Pertini dove convivevano; il figlio Enea Simonetti, 20 anni, nipote della 78enne, che, per gli inquirenti, avrebbe strozzato la nonna. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nel procedimento in cui sono accusati di omicidio premeditato, di maltrattamenti in famiglia e simulazione di reato in concorso con Enrico Orazi, 79 anni, marito di Rosina, indagato a piede libero. La Orazi e il figlio Enea sono comparsi davanti al giudice, affiancati dai legali: la prima in Tribunale a Macerata, scortata dalla penitenziaria, il secondo in video collegamento dalla casa circondariale di Montacuto. Sono rimasti in silenzio. Il 12 febbraio, l'accusa ha rivelato intercettazioni telefoniche in cui madre e figlio si tradiscono a più riprese, smontando definitivamente la "messinscena" della rapina finita in tragedia che hanno sostenuto per 50 giorni. La difesa dovrà ridefinire la strategia e, intanto, nessuno degli indagati parlerà. Già la notte dopo il delitto il 20enne era 'crollato', rivelando che non vi era stata alcuna rapina; aveva parlato di un incidente mortale provocato dalla madre prima di essere 'zittito' da quest'ultima che, in base alle intercettazioni, già conosceva la causa della morte, cioè lo strozzamento, prima ancora che venissero rese note le conclusioni dell'autopsia.
La versione degli indagati
"E' entrato un ladro in casa, c'hanno picchiato e mia madre penso che sia morta...", aveva detto con voce trafelata Arianna Orazi durante la telefonata al 112, alle 19.47 del 24 dicembre scorso, con la quale chiese l'intervento dei carabinieri. Dopo che il 20enne uccise la nonna, secondo l'accusa, i familiari avevano simulato di essere stati aggrediti e legati; il ragazzo doveva uscire di casa per un'ora e poi tornare per liberare i familiari, prima di dare l'allarme. Dal ritorno a casa alla telefonata dal 112, passano solo sei minuti. Enea Simonetti, emerge dagli accertamenti del consulente della Procura, Luca Russo, agganciò il wi-fi di casa alle 19:41: sei minuti, per gli inquirenti, sono troppo pochi per consentire al ragazzo 'inconsapevole' di entrare in casa, capire l'accaduto, liberare nonno e madre, constatare la morte dell'anziana, prima della telefonata al 112. Le intercettazioni hanno portato gli investigatori a sostenere la tesi di un 'piano' per uccidere Rosina, ordito da metà dicembre, in base anche a messaggi Instagram tra madre e figlio. Per cancellare le 'tracce', i due resettarono i telefoni, tra Natale e fine anno, ma il contenuto è stato recuperato.