E' morto da due anni, ma gli notificano una condanna definitiva per peculato, è successo a Firenze
E' morto da due anni, ma gli notificano una condanna definitiva per peculato, è successo a Firenze
09 dicembre 2021, ore 11:37
Nel 2019 è stato condannato, in appello, per peculato, nonostante fosse morto alcuni mesi prima, all'età di 53 anni, e che il suo avvocato avesse avvisato i giudici del decesso
La storia che vi raccontiamo ha davvero dell'incredibile e dimostra le "falle" della giustizia e della burocrazia in Italia. Leggete con noi. Nel 2019 è stato condannato, in appello, per peculato, nonostante fosse morto alcuni mesi prima, all'età di 53 anni, e che il suo avvocato avesse avvisato i giudici del decesso. In questi giorni, dopo due anni, il difensore dell'uomo ha ricevuto l'ordine di esecuzione della pena definitiva, in base a questo documento il condannato, sebbene deceduto, rischia addirittura il carcere se non verrà presentata istanza di pene alternative. La vicenda, accaduta presso il tribunale di Firenze, è riportata, oggi, sulle pagine dell'edizione fiorentina de "La Nazione".
Indagato per peculato e poi a processo
La storia ha inizio nel 2010 quando un 53enne di Sesto Fiorentino, in provincia di Firenze, viene indagato per peculato: da amministratore di fatto di un'agenzia di pratiche auto avrebbe trattenuto i soldi dei bolli che invece andavano versati all'Aci. Nel 2012, con rito abbreviato, fu condannato a un anno e quattro mesi. Secondo quanto spiegato dal quotidiano "La Nazione", nel novembre del 2019 si svolto il processo davanti alla Corte di Appello. Il difensore, l'avvocato Giovanni Marchese, seppe della morte dell'imputato poche ore prima della sentenza. I giudici, riferisce sempre La Nazione, diedero comunque lettura della sentenza, aumentando tra l'altro la pena a due anni e due mesi di reclusione.
La condanna definitiva
La condanna adesso è diventata definitiva e la macchina della giustizia è andata, clamorosamente, avanti, nonostante la morte dell'uomo. Il suo difensore si è così visto recapitare la comunicazione dell'ufficio esecuzioni penali della Procura Generale. Nel documento viene anche precisato che il condannato ha diritto a chiedere misure alternative alla detenzione, e che se non lo farà, per lui si apriranno le porte del carcere. L'unica certezza per il "trapassato" è che, invece, in prigione non ci andrà mai, anche se forse avrebbe preferito.