25 settembre 2023, ore 09:14
Aveva 62 anni, era in gravi condizioni a causa di un tumore al quarto stadio. Solo recentemente era stato catturato, era ricoverato presso il reparto detenuti dell'ospedale di L'Aquila
LA LATITANZA, L'ARRESTO, L'AGONIA
“Se non mi fossi ammalato, non mi avreste mai catturato”. Matteo Messina Denaro lo aveva detto agli inquirenti, poco dopo il suo arresto. Il boss mafioso è stato latitante per trent’anni. Ma le malattie sono democratiche, non guardano in faccia a nessuno. Il capo di Cosa Nostra è morto nella notte presso l’ospedale di L’Aquila, dove era ricoverato presso il reparto detenuti. Aveva 62 anni. Soffriva di un tumore al quarto stadio al colon, che si era poi esteso anche ad altri organi. Negli ultimi mesi aveva subito diversi interventi chirurgici, ma la situazione ormai era compromessa. Tre giorni fa Matteo Messina Denaro era entrato in coma irreversibile. Era stato lui stesso a chiedere di evitare un accanimento terapeutico.
LA FINE DI UN'EPOCA
Imponente lo schieramento delle forze dell'ordine attorno all'ospedale dell'Aquila, dove nella notte si è spento a 62 anni il boss di mafia Matteo Messina Denaro. Al suo fianco, oltre alla nipote Lorenza Guttadauro, la figlia Lorenza Alagna, che recentemente aveva ottenuto il riconoscimento del cognome del padre. Condannato per decine di omicidi, fu tra i responsabili delle stragi di mafia del '92 e '93. Con la sua scomparsa se ne vanno anche le possibilità di svelare i tanti misteri sulle stragi degli anni 90 e sulla sua latitanza durata oltre 30 anni. Il boss -nel primo interrogatorio successivo al suo arresto, il 16 gennaio di quest'anno- dichiarò che non si sarebbe mai pentito.
MISTERI NON RISOLTI
Matteo Messina Denaro è stato l’erede di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Killer spietato, amante della bella vita, avvezzo a buone letture, Rolex al polso, è stato l’ultimo boss della stagione stragista, riuscito a fare sparire le sue tracce per trent'anni, grazie alla rete di complicità che aveva creato. La necessità di ricorrere alle cure mediche, sia pur sotto falso nome, gli è costata la libertà. Ufficialmente il suo nome viene iscritto nella lista dei ricercati il 2 giugno del 1993. A 31 anni è considerato leader indiscusso delle nuove leve di Cosa nostra, entrato nelle grazie di Totò Riina, che lo aveva definito “un picciotto in gamba”. Matteo Messina Denaro era accusato di decine di omicidi. E delle stragi mafiose del 1992 e del 1993, a Firenze Roma e Milano, quando la mafia dichiarò guerra allo stato. La latitanza del boss è durata a lungo: nel corso degli anni è stato segnalato in varie parti del mondo. Poi però è stato catturato vicino a casa, stanco e malato.