È uscito il nuovo album di Dua Lipa: il suo Radical Optimism non convince fino in fondo
03 maggio 2024, ore 19:00
Iper-pop, mancano i riferimenti Brit-pop e underground che la cantante aveva promesso. Scalerà le classifiche, ma manca di anima
Le premesse erano impegnative, e non deludere le aspettative dopo il successo del 2020 di Future Nostalgia era quasi impossibile. È uscito oggi Radical Optimism, il terzo album di Dua Lipa, pensato per “attraversare il caos con grazia”: nel complesso risulta una riuscitissima operazione commerciale, il non plus utra dell’iper pop pensato per scalare le classifiche – e lo farà. Di caos c’è molto poco, il perfezionismo che traspare dalle 11 tracce risulta quasi ossessivo lasciandosi dietro un che di asettico. C’è una produzione di altissima qualità, curata in particolare da Kevin Parker (Tame Impala) e Danny L Harle (già dietro, tra gli altri, a Caroline Polachek e Charli XCX), c’è una Dua Lipa in splendida forma vocale, il sound funziona alla perfezione: a mancare, però, è l’anima.
DUA LIPA, I LIMITI DI RADICAL OPTIMISM
Presentando il disco, Dua Lipa aveva rivelato che l’ispirazione dietro la composizione dell’album erano le band Brit-pop, come Blur e Oasis, che aveva ascoltato crescendo. Eppure, già dal primo brano, “End Of An Era”, si capisce che di pop britannico c’è poco o niente. Cassa dritta e uptempo che sacrificano i momenti di intimità che specialmente le ballad sono in grado di creare: è questo l’unico sound che caratterizza la terza fatica discografica della cantante kosovaro-britannica, suonando a tratti come la Madonna dei primi Duemila o una potenziale vincitrice dell’Eurovision Song Contest (se si fosse presentata alla manifestazione con “Falling Forever” avrebbe sicuramente sbaragliato la concorrenza). Al centro di tutto c’è l’amore, vissuto in tutte le sue sfumature ma mantenendo l’approccio carefree di chi ha deciso che il modo migliore per esorcizzare un cuore spezzato è ballando fino all’alba.
IL CONFRONTO CON FUTURE NOSTALGIA
“Ho scritto 97 brani per questo album, molti orribili”, aveva raccontato Dua prima dell’uscita di Radical Optimism. Viene spontaneo chiedersi che fine abbiano fatto le altre 86 canzoni e come mai la rosa finale si sia assottigliata a 11, per un ascolto complessivo di 36 minuti. In un’annata in cui illustri colleghe come Beyoncé e Taylor Swift hanno deciso di sfidare le logiche di mercato, con dischi tematici i cui singoli sforano serenamente i 3 minuti, Dua Lipa va nella direzione opposta, conformandosi agli schemi del pop che tengono più alle singole tracce che al lavoro nella sua interezza. Ed è esattamente questo il limite dell’album: le undici tracce che lo compongono sono delle hit, se prese singolarmente. Ascoltate di fila, lasciano un senso di inconsistenza che poco si sposa con le premesse dell’artista. Replicare il successo di Future Nostalgia, che le valse due Grammy, era pressoché impossibile: l’intento della popstar, poi, era esattamente quello di distanziarsi dal precedente lavoro abbandonando le sonorità dance per flirtare con un sound underground. Eppure, ad ascolto finito, ci ritroviamo comunque sulla pista da ballo.