Elezioni, la guerra ucraina e Putin tornano a dividere i partiti, ed è scambio di accuse fra i leader
Elezioni, la guerra ucraina e Putin tornano a dividere i partiti, ed è scambio di accuse fra i leader
22 settembre 2022, ore 19:35
Quello che cambia è il giudizio su quanto fatto dall'Occidente per fronteggiare la minaccia. Oltre a chi, come Letta e Meloni, sposa la strada della fermezza, c'è chi segnala gli errori di chi "ha privilegiato la soluzione militare" a quella diplomatica
"Mobilitazione militare parziale": le parole di ieri di Vladimir Putin sono piombate all’improvviso sul tavolo del confronto elettorale, a poche ore dal voto e durante i comizi di chiusura (oggi a Roma il centrodestra, domani, nella stessa Piazza del Popolo, il centrosinistra), e per una volta mettono tutti d'accordo sulla condanna nei confronti di quella che viene percepita insieme una minaccia e una prova di debolezza. Quello che cambia però è il giudizio su quanto messo in campo dall'Occidente per fare fronte alla minaccia. Oltre a chi, come Enrico Letta e Giorgia Meloni, indica la strada della fermezza contro Mosca imboccata dai Paesi occidentali, c'è chi segnala gli errori fin qui compiuti da chi "ha privilegiato la soluzione militare" a quella diplomatica.
Conte
E' il caso di Giuseppe Conte che, condannando il governo di Mosca per l'aggressione all'Ucraina, segnala che "il problema vero è che l'Occidente si è solo concentrato sull'aspetto militare e non sul negoziato di pace che, invece, è necessario". E se non c'è dubbio che "Zelensky è l'aggredito", è anche vero che "nel momento in cui sentiamo che chiede armamenti sempre più sofisticati e lanciamissili a gittata sempre più lunga, tocca a noi far comprendere che dobbiamo non distruggere la Russia, ma far dialogare le parti in campo". Una necessità che Conte avverte tanto più impellente in quanto Putin è con le spalle al muro "e le reazioni di un autocrate con le spalle al muro possono essere molto pericolose".
Di Maio
A Conte risponde indirettamente Luigi Di Maio che ricorda: "Giuseppe Conte, quando abbiamo dovuto approvare nuovi aiuti in armi all'Ucraina, ha messo a repentaglio il nostro ruolo nell'Alleanza Atlantica. Chi ha scelto di stare con Putin sta con il responsabile dell'aumento delle bollette del 300%, che sta mettendo in ginocchio milioni di famiglie, imprese e commercianti", aggiunge il ministro degli Esteri per il quale le dichiarazioni di Vladimir Putin sulla mobilitazione militare parziale, puntano "a colpire il multilateralismo, sono un segno di debolezza e temo che possano impattare ulteriormente sul costo dell'energia per tutta l'Europa e non solo". La ricetta di Di Maio, quindi, è "continuare a perseguire la pace, sempre nel solco delle Nazioni Unite, la cui regia ha portato all'accordo sul grano. E ora va firmata l'intesa per il tetto massimo sui prezzi del gas. I toni di Putin sono inquietanti, perché dimostra di essere uno che non si vuole fermare".
Letta
Ambiguità sulla Russia e su Vladimir Putin sono rilevate anche dal segretario Pd, Enrico Letta, che ai microfoni di Rtl 102.5 chiede a tutti i partiti una condanna netta alle parole del capo del Cremlino. "Io penso che tutti i partiti debbano essere chiari nel dire che dobbiamo rifiutare il ricatto di Putin fatto sulla pelle del popolo ucraino e del suo stesso popolo". Per questo, il leader Dem sottolinea che "L'Italia deve stare nel cuore dell'Europa e non deve dialogare con Orban che è alleato di Putin in Europa". Un messaggio, questo, a Giorgia Meloni e Matteo Salvini: ""In Meloni c'è euroscetticismo, la volontà di indebolire l'Unione Europea come essa è. Ad esempio, Meloni non vuole eliminare il diritto di veto. In questo c'è una contraddizione evidente. Meloni dice di essere atlantica e di difendere l'Ucraina, ma indebolendo l'Europa con posizioni come le sue e di Orban, la difesa dell'Ucraina finisce per essere insufficiente", aggiunge Letta.
Meloni
La presidente di Fratelli d'Italia respinge le accuse e assicura che, se andrà a Palazzo Chigi, la linea dell'Italia sull'Ucraina non cambierà. Penso", aggiunge Meloni, "che l'Italia non debba discostarsi dalle decisioni degli alleati e della comunità internazionale. Se l'Ucraina cadesse, il grande vincitore, oltre alla Russia di Putin, sarebbe la Cina. La ragione di metodo, invece, è che ritengo che una differenziazione della posizione italiana non cambierebbe ai fini del conflitto, se decidessimo di ritirare le sanzioni e di non dare le armi, e saremmo considerati l'Italia spaghetti e mandolino e inaffidabile. Se cambiassimo atteggiamento, l'Italia verrebbe considerata inaffidabile e resterebbe isolata. Con il futuro dell'Ucraina decidiamo anche il futuro dell'Italia".