22 giugno 2022, ore 10:57
Era il 22 giugno 1983 e da allora non si ebbero più notizie dalla ragazza che scomparve nella finta rete di misteri e depistaggi
Sono passati ormai trentanove anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, in quel caldo pomeriggio romano del 22 giugno 1983. Tanti libri, tanti approfondimenti e tanti film sono stati creati, alla disperata ricerca della verità che, ancora oggi, fatica a essere trovata. Continua a cercarla disperatamente Pietro Orlandi, fratello della ragazza, che non si dà per vinto e ancora oggi, non perde la speranza.
I FATTI
22 giugno 1983. Sono le 16 del pomeriggio di una calda estate romana. Emanuela Orlandi, una ragazza semplice di appena 15 anni, è intenta a suonare il flauto durante la sua abituale lezione di musica. Emanuela vive in Città del Vaticano perché suo padre è un messo pontificio, ma in quella sua dimora non farà più ritorno. Dopo il corso di musica si reca alla solita fermata dell'autobus dove ad aspettarla ci sono le amiche. Una di loro ricorda che Emanuela aveva parlato di un ragazzo incontrato lungo il tragitto, che le avrebbe proposto un lavoro ben retribuito per fare volantinaggio. Versione confermata poi dalla sorella maggiore, che la giovane aveva chiamato da una cabina telefonica per avvisare che sarebbe rincasata con un lieve ritardo. Secondo la ricostruzione fornita in seguito, Emanuela non salì sull'autobus assieme alle amiche perché giudicato troppo affollato, dicendo alle ragazze che avrebbe aspettato quello dopo. Non ci è dato sapere poi cosa successe ma l'unica certezza è che da quell'istante si persero le tracce di Emanuela Orlandi.
LE IPOTESI
Tante sono state le piste battute dagli inquirenti e tante le ipotesi formulate. E se inizialmente si pensò ad una fuga volontaria, come spesso fanno gli adolescenti, di lì a poco ci si rese conto che Emanuela Orlandi era caduta in una fitta rete di misteri più grandi di lei. Molti collegarono la vicenda con l'attentato di qualche anni prima a Giovanni Paolo II per mano di Mehmet Alì Ağca, poiché nei giorni successivi ci furono diverse telefonate anonime dove, i presunti rapitori richiedevano il rilascio immediato dell'attentatore in cambio della giovane ragazza. Una pista che si sgonfiò presto, e che agli occhi di molti sembrò un depistaggio. In trentanove anni si è detto tutto il contrario di tutto: dai presunti collegamenti con lo scandalo dello IOR, la banca Vaticana e il caso di Calvi, fino alle possibili responsabilità con la banda della Magliana, molto in voga in quegli anni nella capitale. Il tutto senza mai arrivare alla parola fine, senza riuscire mai ad afferrare la verità.
LA VERITÀ STA IN CIELO
Nel 2013, poco tempo dopo essersi insediato, Papa Francesco incontrò il fratello di Emanuela, Pietro, che negli anni non si è mai arreso. Com'è noto il pontefice in quell'occasione, ha sussurrato poche semplici parole: la verità sta in cielo. Parole nette e chiare che possono indicare una strada diversa, forse meno positiva, sulle sorti di Emanuela Orlandi. Da questa affermazione ne è derivato un film, diretto da Roberto Faenza nel 2016, dove attraverso lo sguardo di una giornalista dei nostri giorni, si ripercorrono i fatti e le indagini. "Un flauto dimenticato". Così mi disse Pietro Orlandi, fratello di Emanuela Orlandi, a margine della proiezione del film "La verità sta in cielo", che vidi quando ero in giuria ai David di Donatello di quello stesso anno. Ed è così che oggi voglio ricordare Emanuela Orlandi, un suono dolce di un flauto che risuona per ben trentanove anni, come quel suo strumento musicale a cui era tanto legata e che scomparve assieme a lei.
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Emanuela Orlandi