23 marzo 2021, ore 12:00 , agg. alle 14:22
Individuati e denunciati dalla Polizia Postale di Genova, tre ragazzi delle province di Milano e Messina, disturbavano la Dad e facevano saltare le interrogazioni programmate; i codici per entrare sulle piattaforme on line forniti da alcuni studenti che facevano lezione: a denunciare le incursioni numerosi presidi italiani
Erano diventati i disturbatori della didattica a distanza da Nord a Sud, tanto che numerosi presidi di Istituti scolastici, chiusi per le restrizioni anti-Covid, avevano denunciato le infiltrazioni nelle lezioni on-line tenute dai loro professori alla Polizia Postale. Dopo una complessa indagine, coordinata dalla Procura di Genova, la Polizia ha individuato i responsabili delle incursioni: si tratta tre ragazzi, due maggiorenni e un minorenne delle province di Milano e Messina. Facevano parte di gruppi Telegram e Instagram, creati appositamente con i quali riuscivano a inserirsi nelle lezioni, grazie alla complicità degli stessi studenti individuati anch’essi dai poliziotti. Tutti gli indagati hanno ammesso le condotte contestate e dovranno ora rispondere dei reati di interruzione di pubblico servizio e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.
Gli hacker avevano colpito già un anno fa
Le prime denunce erano arrivate già durante il primo lockdown, nello scorso anno scolastico. A sporgerle, diversi dirigenti scolastici di istituti di ogni ordine e grado che avevano segnalato alle forze dell’ordine le incursioni avvenute nel corso delle lezioni on-line. Incursioni che si svolgevano su tutto il territorio nazionale. La Procura di Genova ha avviato subito le indagini che sono state lunghe e complesse e che hanno portato oggi la Polizia Postale a denunciare i tre ragazzi, due maggiorenni e un minorenni, considerati gli autori delle infiltrazioni moleste nella piattaforme di didattica a distanza.
I pirati anti-Dad agivano in tutt’Italia
Da Milano a Messina, i tre pirati avevano messo su un’organizzazione che si infiltrava nelle lezioni, grazie alla complicità di alcuni studenti, anch’essi individuati dai poliziotti, che fornivano i codici di accesso alle piattaforme informatiche sulle quali si svolgono le sessioni di didattica on line. Proprio questi studenti che avevano fornito i codici si sentivano al sicuro per l'apparente percezione di anonimato garantito dalle piattaforme social: il loro obiettivo era quello di pianificare attacchi durante le interrogazioni programmate, per evitarle. E ostentavano anche tranquillità spavalda nel considerarsi insospettabili e inattaccabili. Tra i messaggi che si scambiavano nelle chat attraverso cui rendevano noti i codici d’accesso agli hacker ce ne sono alcuni con considerazioni sull’operato delle Forze dell’ordine, di questo tipo: “La Polizia Postale non ha tempo da perdere per cercare di trovarci".
Le accuse
Tutti gli indagati, che hanno ammesso le condotte contestate, dovranno ora rispondere dei reati di interruzione di pubblico servizio e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. Durante le perquisizioni, eseguite con l'ausilio del Compartimento Polizia Postale di Milano e della Sezione di Messina con il coordinamento del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, sono stati sequestrati computer, tablet e smartphone che verranno analizzati dagli esperti della Postale per valutare la posizione degli altri giovani iscritti nelle chat utilizzate per le incursioni nelle lezioni.