08 luglio 2022, ore 10:00
Voleva le password del marito defunto, perché sperava di trovarvi eventuali lettere di addio, una donna è stata autorizzata a entrare in possesso dei beni digitali del deceduto
La sentenza del Tribunale di Milano ha consegnato alla moglie le chiavi d'accesso alla vita virtuale del marito, alimentando anche in Italia, come precisa anche l'Ansa, il dibattito sull'eredità digitale e sulla sua convivenza con il diritto alla privacy, che nel mondo va avanti ormai già da tempo. E' di oltre dieci anni fa la sentenza della Corte Suprema del Massachusetts a favore dei familiari di una persona deceduta che avevano chiesto, inutilmente, di poter accedere alla sua casella email, alla ricerca di eventuali comunicazioni testamentarie. Grande risonanza ha avuto anche il caso che in Germania ha visto contrapposti Facebook a due genitori, intenzionati a far luce sulla morte, avvenuta sotto un treno della metropolitana, della figlia quindicenne. La vicenda si è conclusa dopo tre gradi di giudizio, quando la Corte Suprema ha stabilito che il contenuto dell'account di Facebook ha sì natura personale, ma non c'era motivo per escluderne il trasferimento agli eredi.
I contenziosi sull'eredità digitale in Italia
La ritrosia delle grandi Big Tech della rete a fornire l'accesso ai dati dei defunti in loro possesso ha determinato una serie di contenziosi anche in Italia. La prima sentenza risale all'inizio del 2021, quando il Tribunale civile di Milano ha ordinato ad Apple di fornire ai genitori di un ragazzo, morto in un incidente stradale, il recupero dai suoi account dei contenuti digitali del suo telefonino. Analoga decisione l'ha presa lo scorso novembre il Tribunale di Bologna, che ha ordinato, sempre ad Apple, l'accesso ai dati personali contenuti nello smartphone del figlio deceduto.
L'ultima vicenda a Milano
Anche l'ultimo provvedimento del Tribunale di Milano, quello a favore della vedova, "ricorda come i dati contenuti nei nostri account possano entrare a far parte dell'eredità, al pari delle lettere o delle fotografie custodite nei cassetti delle nostre scrivanie", ha spiegato Marco Meliti, avvocato matrimonialista e difensore della donna, che rileva però un problema, ovvero il fatto che "una volta ottenute le chiavi di accesso si entra in possesso, in maniera indiscriminata, di tutto quanto custodito nell'account". Compresi i segreti, se ce ne sono, che ciascuno di noi potrebbe voler portare nella tomba. Un vero e proprio caos virtuale che rischia di travolgere anche i diritti fondamentali.