Festa del Cinema di Roma 2024: Berlinguer di Andrea Segre, un cinema militante tra realtà e finzione

Festa del Cinema di Roma 2024: Berlinguer di Andrea Segre, un cinema militante tra realtà e finzione

Festa del Cinema di Roma 2024: Berlinguer di Andrea Segre, un cinema militante tra realtà e finzione Photo Credit: Agenzia Fotogramma.it


Nel ruolo del Segretario del Partito Comunista Italiano c’è Elio Germano. Nel cast anche Paolo Pierobon, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabrese e Andrea Pennacchi

Berlinguer ti voglio bene. Si apre con una dichiarazione d’amore ad uno dei protagonisti di rilievo della nostra storia, la 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma. Ieri sera, alla presenza del cast e delle istituzioni, è arrivato il nuovo film di Andrea Segre, “Berlinguer - La grande ambizione”, in concorso nella sezione Progressive Cinema. Per far rivivere sullo schermo il segretario del partito comunista italiano, è stato scelto Elio Germano che, assieme a Paolo Pierobon, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabrese e Andrea Pennacchi, cerca di riordinare le pagine più importanti della nostro paese.


LA TRAMA DEL FILM

Quando una via sembra a tutti impossibile, è necessario fermarsi? Non l’ha fatto Enrico Berlinguer, segretario negli anni Settanta del più importante partito comunista del mondo occidentale, con oltre un milione settecentomila iscritti e più di dodici milioni di elettori, uniti dalla grande ambizione di realizzare il socialismo nella democrazia. Sfidando i dogmi della guerra fredda e di un mondo diviso in due, Berlinguer e il PCI tentarono per cinque anni di andare al governo, aprendo a una stagione di dialogo con la Democrazia Cristiana e arrivando a un passo dal cambiare la storia. Dal 1973, quando sfuggì a Sofia a un attentato dei servizi bulgari, attraverso le campagne elettorali e i viaggi a Mosca, le copertine dei giornali di tutto il mondo e le rischiose relazioni con il potere, fino all’assassinio nel 1978 del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro: la storia di un uomo e di un popolo per cui vita e politica, privato e collettivo, erano indissolubilmente legati.


BERLINGUER, UNA MAPPATTURA IDEOLOGICA 

Cile, 1973. Il film di Andrea Segre si apre con le immagini di repertorio del colpo di Stato di Pinochet e si chiude con i funerali di Berlinguer. In mezzo l’Italia, un paese meno bigotto di quanto si pensava e in continua evoluzione. Berlinguer di Andrea Segre è perennemente in bilico, un pò come è sempre stato il cinema di questo regista veneziano, tra realtà e finzione, due tracce che l'autore usa per indagare ciò che lo circonda in questo caso la storia passata. Cinema militante, documentaristico e propagandistico, sulla falsariga di quello messo in scena da Francesco Rosi, prendendo invece le distanze da quello di Bellocchio. Segre, infatti, preferisce porre l’accento sulle idee e sulla dottrina, senza entrare più di tanto nelle viscere psicologiche dei personaggi e della storia. La pellicola sembra procedere mappando l’ideologia comunista, che trova nella figura di Berlinguer l'incarnazione fisica. Non vuole raccontare, forse, ma veicolare dei concetti che emergono con prepotenza quasi sovrastando la narrazione. Elio Germano sceglie di non sparire dietro la maschera del ruolo che deve interpretare, creando un amalgama tra attore e personaggio veramente ben riuscita. Il suo Berlinguer è tenace ma anche fragile, convinto e appassionato, così come il racconto che mette in scena Segre. Nell’economia del racconto, forse, si riserva troppo tempo alle vicende tra Moro e il Segretario del PCI che occupano quasi una mezz’ora del film, schiacciando e annullando invece gli ultimi anni di vita del segretario che vengono sbrigativamente spiegati attraverso alcune didascalie.


ANDREA SEGRE, CHI E IL REGISTA DI BERLINGUER?

Lo avevamo incontrato non troppo tempo fa, alla Mostra del Cinema di Venezia del 2020, quando, con il suo documentario “Molecole”, provò ad imprimere sullo schermo l'atmosfera della pandemia. Lui, di origine veneziana, aveva cominciato a girare in quel Febbraio 2020 e, la storia della sua famiglia è diventata la fotografia del lockdown e di un momento di stasi e di incanto, di dramma e quiete. Andrea Segre proviene dal documentarismo. La realtà per lui è sempre stata il colore essenziale da imprimere sulle pellicole. Si è anche sporcato le mani con il cinema di finzione ma preservando quell’occhio naturalistico e orientato al cinema del reale. Tra i suoi lavori ricordiamo “Il sangue verde” (2010), “Indebito” (2013), “L’ordine delle cose” (2017) e “Molecole” (2020).



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