FIGC, Tavecchio, Una riflessione a tutto campo
FIGC, Tavecchio: Una riflessione a tutto campo
30 gennaio 2018, ore 16:53 , agg. alle 17:32
Il punto di Fulvio Giuliani
No, non è solo calcio. L’ormai prossimo commissariamento della Federcalcio e la vicenda di Carlo Tavecchio, possibile presidente della Lega Calcio di Serie A (!), non può essere limitata alla sia pur istruttiva parabola (fallimentare) del pallone degli ultimi anni. Tavecchio e Figc ci dicono tantissimo dell'Italia di oggi. Un Paese che ha smarrito il senso di responsabilità e talvolta del ridicolo.
No, non è solo calcio, ma partiamo dal pallone: autunno scorso, la Nazionale ha appena centrato un risultato storico: non qualificarsi al Mondiale, l'Evento per eccellenza della religione laica dello Stivale. Psicodramma collettivo e capo cosparso di cenere un po' da tutti. La gente, non solo gli appassionati, è furibonda, vuole la testa dell'allenatore (troppo facile, ma comunque perdendo la faccia salverà il portafoglio), ma non può bastare. Fuori tutti, a cominciare dal presidente federale, il massimo responsabile e - per quanto parzialmente semplicistico - il massimo colpevole. Tavecchio resiste, ma a tutto c'è un limite e, durante una delle più spettacolari e tragicomiche conferenze stampa a memoria d'uomo, alla fine molla. Indignato da tanta cattiveria, ma soprattutto - si badi - SORPRESO che si debba rispondere del proprio operato.
Siamo al punto: Tavecchio non sa spiegarsi perché gli chiedano in tanti di andar via, li identifica come nemici dell'ultima ora o ingrati ex-amici. Non viene neppure sfiorato dal dubbio che andar via sia l'unica cosa sensata e dignitosa da fare. Siamo onesti, non sarà mica il simpatico Tavecchio l'unico a pensarla così... in Italia, il problema non è tanto che non si dimetta mai nessuno (vero fino a un certo punto), ma che si escluda anche la sola possibilità di dover rispondere delle proprie scelte. Come Gravina o Sibilia. Dov’erano? Tommasi, almeno, ha sempre fatto opposizione allo sfacelo.
C'è sempre un Piano B, ma non per il Paese, per se stessi. Puntualmente, il Plan B arriva: la Lega, pomposamente definita la 'Confindustria del calcio', non riesce a darsi un presidente da una vita e va commissariata. A termini di regolamento, tocca a lui, il nostro. Non passandogli neppure per l'anticamera del cervello l'idea di passare la mano, Tavecchio zompa agilmente da una poltrona a un'altra e aspetta. Perché l'uomo è naif, ma tutt'altro che sprovveduto e sa che potrebbero presto venire da lui. Così, appena due mesi dopo la vergogna svedese, ineffabile e smemorato, l'ex-N.1 della Figc può dichiararsi disponibile a diventare il presidente della Lega Calcio. Eletto da quello stesso grumo di potere che lo portò in via Allegri. Quella stessa via Allegri che, momentaneamente trasferitasi a Fiumicino, ieri ha offerto uno spettacolo imbarazzante, fino al nulla di fatto conclusivo e l’arrivo del commissario-Coni. Unica nota positiva dell’intera faccenda.
Questa storia non parla solo calcio. E' un virus italico, subdolo e con cui in tanti sono pronti a scendere a patti. Dalla politica all'imprenditoria, dal mondo della professioni a quello della formazione, in famiglia e a scuola, spesso semplicemente nessuno si assume le proprie responsabilità.
Siamo abituati e quasi indifferenti, ormai, alle promesse disattese. Non ci aspettiamo più che possano esserci delle conseguenze, nel venir meno alla parola data. Assistiamo (o partecipiamo) a fallimenti e figuracce memorabili, ma è sempre colpa di qualcun altro. Gli irresponsabili abbondano, gli uomini scarseggiano.I Tavecchio, Gravina, Sibilia d'Italia, però, ci ricordano le nostre di responsabilità: come società abbiamo tollerato il tramonto dell''hombre vertical', le donne e gli uomini che mettano davanti a tutto e tutti la propria faccia, la propria dignità.
Vale tutto e sempre più spesso non vale niente.
Siamo al punto: Tavecchio non sa spiegarsi perché gli chiedano in tanti di andar via, li identifica come nemici dell'ultima ora o ingrati ex-amici. Non viene neppure sfiorato dal dubbio che andar via sia l'unica cosa sensata e dignitosa da fare. Siamo onesti, non sarà mica il simpatico Tavecchio l'unico a pensarla così... in Italia, il problema non è tanto che non si dimetta mai nessuno (vero fino a un certo punto), ma che si escluda anche la sola possibilità di dover rispondere delle proprie scelte. Come Gravina o Sibilia. Dov’erano? Tommasi, almeno, ha sempre fatto opposizione allo sfacelo.
C'è sempre un Piano B, ma non per il Paese, per se stessi. Puntualmente, il Plan B arriva: la Lega, pomposamente definita la 'Confindustria del calcio', non riesce a darsi un presidente da una vita e va commissariata. A termini di regolamento, tocca a lui, il nostro. Non passandogli neppure per l'anticamera del cervello l'idea di passare la mano, Tavecchio zompa agilmente da una poltrona a un'altra e aspetta. Perché l'uomo è naif, ma tutt'altro che sprovveduto e sa che potrebbero presto venire da lui. Così, appena due mesi dopo la vergogna svedese, ineffabile e smemorato, l'ex-N.1 della Figc può dichiararsi disponibile a diventare il presidente della Lega Calcio. Eletto da quello stesso grumo di potere che lo portò in via Allegri. Quella stessa via Allegri che, momentaneamente trasferitasi a Fiumicino, ieri ha offerto uno spettacolo imbarazzante, fino al nulla di fatto conclusivo e l’arrivo del commissario-Coni. Unica nota positiva dell’intera faccenda.
Questa storia non parla solo calcio. E' un virus italico, subdolo e con cui in tanti sono pronti a scendere a patti. Dalla politica all'imprenditoria, dal mondo della professioni a quello della formazione, in famiglia e a scuola, spesso semplicemente nessuno si assume le proprie responsabilità.
Siamo abituati e quasi indifferenti, ormai, alle promesse disattese. Non ci aspettiamo più che possano esserci delle conseguenze, nel venir meno alla parola data. Assistiamo (o partecipiamo) a fallimenti e figuracce memorabili, ma è sempre colpa di qualcun altro. Gli irresponsabili abbondano, gli uomini scarseggiano.I Tavecchio, Gravina, Sibilia d'Italia, però, ci ricordano le nostre di responsabilità: come società abbiamo tollerato il tramonto dell''hombre vertical', le donne e gli uomini che mettano davanti a tutto e tutti la propria faccia, la propria dignità.
Vale tutto e sempre più spesso non vale niente.