Freaks out: tradizione ed innovazione in una favola dove il neorealismo coesiste con il fantasy

Freaks out: tradizione ed innovazione in una favola dove il neorealismo coesiste con il fantasy

Freaks out: tradizione ed innovazione in una favola dove il neorealismo coesiste con il fantasy


Dopo il successo di Lo Chiamavano Jeeg Robot,il regista Gabriele Mainetti fa centro ancora una volta nel suo kolossal all'italiana dalle atmosfere suggestive

Tutto ebbe inizio nel 2016, poco dopo l'enorme successo ottenuto dall'opera prima di Gabriele Mainetti "Lo chiamavano Jeeg Robot". 130 giorni di riprese e meno di due anni per la post produzione che, vista la mole di effetti speciali, è particolarmente impegnativa. Poi arriva la pandemia che blocca tutto e rimanda l'uscita di Freaks Out di un anno. Questa è la genesi di un film che possiamo definire a tutti gli effetti come un piccolo grande evento per il nostro cinema che, da qualche anno, ha cominciato ad avere un respiro più internazionale, ma soprattutto ha cominciato ad essere quello che non ha mai avuto coraggio di essere. Ma Freaks Out non rinnega quella che è la nostra tradizione, anzi, la omaggia esplicitamente: infatti le atmosfere sono quelle di Rossellini e del neorealismo con le macerie della Seconda guerra mondiale ancora "fumanti". Roma, nella storia di Mainetti, non è ancora una "città aperta" e i tedeschi sono nel pieno dei loro crimini più efferati.

I PROTAGONISTI E LA STORIA

In primo piano ci sono quattro personaggi che sembrano usciti da un film di Ettore Scola ma che però hanno una particolarità che il nostro cinema difficilmente ha messo in scena: possiedono dei poteri sovrannaturali che li rendono unici e "freak". A vestire i ruoli di questi brutti, sporchi e non così tanto cattivi troviamo un irriconoscibile Claudio Santamaria che interpreta la parte di un uomo pieno di peli al punto da farlo assomigliare ad un animale, Pietro Castellitto (reduce dal successo del suo Francesco Totti) che ha il potere di controllare gli insetti, Aurora Giovinazzo che non può toccare nessuno senza che lo ustioni e infine Giancarlo Martini che fa la parte di un piccolo nanetto stralunato. I quattro lavorano in un circo, gestito da Israel (Giorgio Tirabassi), che per loro- più che un capo - è una sorta di padre. Quando quest'ultimo cerca di trovare una via di fuga che li porti lontano dal conflitto, scompare misteriosamente, lasciando i quattro soli e senza alcuna prospettiva. Si scoprirà bene presto che, essendo ebreo, Israel è stato rapito dal tedeschi. Nel frattempo Matilde, Cencio, Fulvio e Mario si ritrovano improvvisamente senza quello che avevano prima, un circo che era sinonimo di famiglia e sicurezza. Senza Israel, senza il tendone sono soltanto dei fenomeni da baraccone privi di uno scopo nella vita, bloccati nella Città eterna, che inizia a crollare sotto i duri colpi bellici. Atmosfere suggestive e incantevoli dove le atrocità della guerra fanno da perfetto contraltare ad una fotografia maestosa e poetica. Gli attori, tutti in stato di grazia, fanno a gara a chi è più bravo. Nota di merito a Matilde/Giovinazzo, che regala un interpretazione molto empatica ed emozionante.


UNA RIELABORAZIONE DEL PASSATO CHE GUARDA CON FORZA AL FUTURO

Fellini incontra Rossellini in questo film dalle atmosfere quasi disneyane, dove si racconta una pagina orribile del nostro paese, con gli occhi teneri e fanciulleschi tipici delle favole. Un film importante perché apre ad una nuova stagione per il nostro cinema che non rinnega il passato ma lo rielabora per guardare con forza al futuro. Un film libero di essere tutto, senza etichette e senza barriere. Forse si poteva osare un pò di più da un punto di vista formale, ma già aver portato atmosfere così particolari nel nostro paese è un bel vanto. Per Freaks Out vale il celebre verso di Pierangelo Bertoli nella sua A muso duro "un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro".







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