Gaza: L’ONU sospende le operazioni umanitarie. I mediatori continuano a lavorare per il cessate del fuoco

Gaza: L’ONU sospende le operazioni umanitarie. I mediatori continuano a lavorare per il cessate del fuoco

Gaza: L’ONU sospende le operazioni umanitarie. I mediatori continuano a lavorare per il cessate del fuoco   Photo Credit: agenzia fotogramma


27 agosto 2024, ore 11:43 , agg. alle 12:01

La Striscia è sempre più sola: anche le Nazioni Unite rinunciano all’assistenza ai bambini. Intanto sale la tensione Cisgiordania

LA RINUNCIA

I 363 chilometri quadrati della Striscia continuano ad essere martoriati dalla guerra e dagli strike israeliani, che non si placano davanti all’emergenza umanitaria che è sempre più drammatica. Il quadrante centrale del territorio, dove si trova Deir-al Balah e l’ospedale Al Aqsa è in questa fase la sezione più martoriata. La struttura sanitaria che può ospitare fino a 600 pazienti, oggi ne ospita un centinaio, perché tutti quelli che erano in grado di farlo sono scappati con l’avvicinarsi dei bombardamenti. L’ospedale è circondato dai soldati e non è più sicuro. Sono rimasti i più fragili, quelli che non possono affrontare un viaggio. Una chirurga di Medici Senza Frontiere ha raccontato di bambini che muoiono senza neanche il supporto di una anestetico per alleviare le sofferenze. La tragedia in corso, ormai, ha perso i connotati di una situazione umanitaria grave per trasformarsi in una situazione disumana. Lo specchio del dramma è nella rinuncia da parte dell’ONU alla campagna di vaccinazione antipolio per gli oltre 640.000 bambini. Non era mai successo, anche nei conflitti precedenti le Nazioni Unite avevano dovuto sospendere le operazioni, ma la rinuncia definisce l’entità di ciò che sta accadendo e ne restituisce della tragedia.

LE TRATTATIVE

Intanto, in Egitto si continua a tentare di trovare un accordo tra Israele e Hamas. I mediatori di Stati Uniti, Qatar ed Egitto cercano gli estremi per far saltare fuori un accordo che stabilisca il cessato e fuoco e la restituzione degli ostaggi. Ma la sintesi tra i paletti fissati da Israele e l’organizzazione terroristica è così complicata che tutti gli analisti concordano sul fatto che manchi la reale volontà di trovare una quadra. Israele vuole mantenere delle posizioni interne al territorio anche dopo la tregua. Due corridoi che consentano di controllare il movimento della popolazione, di Hamas e delle armi: uno a sud, chiamato Philadelphia, al confine con l’Egitto per monitorare anche la proliferazione dei tunnel sotterranei che consentono il passaggio di armi tra il Sinai e Gaza; un altro all’altezza di Deir-al-Balah nel settore centrale del territorio. Per Hamas la condizione per una tregua e la restituzione degli ostaggi è il completo sgombero della Striscia da parte delle forze israeliane. Anche l’Egitto boccia la richiesta di Israele di lasciare truppe al confine con il Sinai.


LA PROVOCAZIONE

In un quadro tanto instabile e precario si inserisce la provocazione degli esponenti estremisti della coalizione israeliana. Il ministro della sicurezza Ben Gvir ha dichiarato provocatoriamente che costruirebbe una sinagoga sul Monte del Tempio, nella città vecchia di Gerusalemme, sulla Spianata delle Moschee, il luogo più sacro dei musulmani. Questo vorrebbe dire violare lo status quo dei luoghi santi e contribuirebbe a aumentare la rabbia degli arabi e la tensione in Cisgiordania.


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