George Fest, tanti ospiti per il bel tributo ad Harrison, il quiet Beatle
George Fest: tanti ospiti per il bel tributo ad Harrison, il "quiet Beatle"
26 febbraio 2016, ore 14:57 , agg. alle 15:45
Esce oggi in audio e video "George Fest: A Night To Celebrate The Music of George Harrison" , concerto ricco di ospiti in tributo all'ex Beatles, tra live, interviste e video di archivio.
Difficile essere George Harrison, una vita da "underdog", un talento costretto a dover convivere tra due titani della scrittura come Lennon e McCartney, e ingranaggio fondamentale della macchina Beatles nonostante tutto.
Del resto fu proprio lui, ad esempio, il principale artefice della fascinazione per la cultura indiana che infuenzò il suono dei Fab 4 in molti episodi, senza contare i tanti classici regalati al repertorio dei ragazzi di Liverpool come Here Comes The Sun, Something, o While My Guitar Gently Weeps.
Una vita, quella di Harrison, devota alla musica e alla spiritualità, alla ricerca di una propria dimensione artistica che esplose nel 1970 con l'ambizioso triplo album "All The Things Must Pass" e che si concluse a soli 58 anni nel novembre del 2001. George era il "quiet Beatle" come venne soprannominato, quello tranquillo, il riflessivo, il mistico, una personalità che non gli impediva di incuriosirsi per le cose più disparate, dalla filosofia, alla Formula 1, ai Monty Python, che finanziò, ipotecandosi la casa, per il loro controverso lungometraggio "Life Of Brian" (Brian di Nazareth).
Come un regalo di compleanno tardivo arriva oggi, giorno seguente a quello che sarebbe stato il suo compleanno numero 73, "George Fest: A Night To Celebrate The Music Of George Harrison", ovvero la registrazione, sia audio che video, disponibile in svariati formati, del concerto tributo che si tenne il 28 settembre 2014 al The Fonda Theater di Los Angeles. Così come per il completamento dell'ultimo album di George, "Brainwashed" uscito postumo del 2002, c'è dietro lo zampino del trentasettenne figlio Dhani che porta l'eredità del padre nei tratti del viso, ma anche in tutto quello che fa, come in un continuo voler innalzare un monumento al suo genitore, e che è riuscito a riunire sul palco artisti come Brian Wilson, Brandon Flowers dei The Killers, i Black Rebel Motorcycle Club, Ian Astbury dei Cult, Ben Harper, Norah Jones, The Flaming Lips, Perry Farrell dei Jane's Addiction, Nick Valensi degli Strokes, Britt Daniel degli Spoon, i Cold War Kids e tanti altri, per una celebrazione inter-generazionale.
Lo stesso Dhani a proposito dell'evento ha infatti dichiarato: “Ho sempre immaginato un piccolo club dove la mia generazione di musicisti potesse suonare i pezzi più profondi della sua carriera. Così, in modo completamente nuovo e vibrante, mi sono ritrovato sul palco con alcuni dei miei eroi musicali al suono della musica più familiare della mia vita. Spero che l’ascolto possa essere piacevole per voi come lo è stato per me. Sono le migliori interpretazioni che avrei mai potuto immaginare per George”.
Lo spettacolo si apre con il celebre conduttore americano Conan O'Brien, non propriamente un musicista, che però se la cava discretamente in Old Brown Shoe, non prima di aver esordito con un'ironia che avrebbe fatto piacere ad Harrison: "Mi avevano detto che questo era un tributo a George Michael, ho impiegato una settimana ad imparare Faith". Norah Jones e Brandon Flowers dei The Killers hanno l'ingrato compito di confrontarsi con due hit come Something e Got My Mind Set On You ma l'accostamento sembra azzeccato e, la prima con delicatezza, il secondo con il suo fare da showman, riescono a rendere bene lo spirito dei brani.
Ian Astbury dei Cult, in una delle interviste presenti nel DVD, motiva la sua scelta del brano Be Here Now dicendo “Non è forse una delle sue hit, ma per me rappresenta spirutualmente davvero il momento del risveglio della vita, essere presenti nel momento in cui si vive, e questo è tutto.”
Dhani Harrison, intanto dà il contributo anche in veste di musicista, ad esempio in una versione molto fedele di Savoy Truffle, il divertente brano originariamente contenuto nell'omonimo album dei Beatles, meglio noto come "White album", e mai suonata live dalla band.
La nuova leva (se nuova si può ancora considerare gente in giro da 10 anni, semi-nuova, và) del rock compare anche con i Black Rebel Motorcyle Club che si appropriano di Art Of Dying tirando il freno e immergendola nelle atmosfere lisergiche tanto amate e con il chitarrista degli Strokes, Nick Valensi, che si lancia in una potente riedizione di Wah-Wah.
Tutti sul palco per Here Comes The Sun, vera gemma, con Wayne Coyne dei Flaming Lips alla chitarra, Perry Ferrell di Jane's Addiction e Porno For Pyros, a dire il vero leggermente in difficoltà alla voce, e Norah Jones ai cori, prima di dare spazio a sua maestà Brian Wilson. Il leader dei Beach Boys si palesa accompagnato da Al Jardine, oltre a Brandon Flowers ed altri, per quello che forse è il pezzo di maggior successo del George Harrison solista, My Sweet Lord, un inno all'apertura di vedute, con la convivenza di 'hallelujah' ed 'hare krishna', spirituale ma allo stesso tempo dallo squisito gusto pop.
Il finale è corale, una festa su Handle With Care (brano del periodo in cui il Nostro militava nel supergruppo dei Travelling Willburys firmato, oltre che da Harrison, da gente come Bob Dylan, Roy Orbison, Tom Petty e Jeff Lynne) e All Things Must Pass con con Dhani che diventa idealmente il padre, al centro della scena più che affollata, e circondato da chiunque, ci sono anche Matt Sorum, ex Guns'n'Roses e Velvet Revolver, Eric Pulido dei Midlake, ed Elvis Perkins.
Un bel tributo, che lo stesso George avrebbe apprezzato per l'amore che traspare dagli artisti sul palco per il lavoro di quello che è sì considerato il "terzo", ma che quasi sicuramente sarebbe stato il primo in tante altre band diverse dai Beatles.