05 giugno 2018, ore 10:00
agg. 06 giugno 2018, ore 11:12
Il presidente del Consiglio assicura il cambiamento, no di Pd e FI
Si presenta come il garante del contratto di governo, rivendica il tratto positivo del termine "populismo", apre a quanti vorranno aderire al programma di governo. Poi snocciola placido i punti salienti del programma, dalla legittima difesa alla lotta alla corruzione, dai dubbi sulle sanzioni alla Russia all'immigrazione. Rassicurando sull'euro e annunciando la sintesi della rivoluzione fiscale giallo-verde: una flat tax progressiva grazie ad un sistema di deduzioni che la renderanno per questo aderente al dettame costituzionale. E con una sola parola d'ordine:"cambiamento". Giuseppe Conte incassa la fiducia al Senato con 171 si', 117 no (quelli di Pd e Forza Italia) e 25 astenuti, tra cui quelli di Fdi e dei senatori a vita (i tre presenti, mentre Napolitano Rubbia e Piano erano assenti). Si presenta a palazzo Madama per chiedere i voti non solo "a favore di una squadra di governo ma di un progetto per il cambiamento dell'Italia, formalizzato sotto forma di contratto" dice nel suo discorso programmatico dove promette di voler svolgere l'incarico "con umilta'" ma anche con "determinazione" e, dice, "consapevolezza dei miei limiti ma anche con la passione e l'abnegazione di chi comprende il peso delle altissime responsabilita' a me affidate". Compresa la difesa di un esecutivo da molti salutato come populista: "Ci prendiamo la responsabilita' di affermare che ci sono politiche vantaggiose o svantaggiose per i cittadini. Le forze politiche che sostengono la maggioranza di governo sono state accusate di essere populiste e antisistema. Se populismo e' attitudine ad ascoltare i bisogni della gente, allora lo rivendichiamo". Nella "nuvola" delle parole piu' citate nel suo discorso i termini reiterati sono quelli di "governo", "cittadini" e "Paese". Sono totem che non sembrano bastare ad uno dei due "soci" del contratto che non perde tempo per dare la sua versione del contratto che prendera' il via una volta che il governo avra' il via libera. E i toni non sono certo quelli di un'Aula che, nonostante "i toni da stadio" stigmatizzati dalla Presidente Alberti Casellati, accoglie senza tensione la pur aspra dialettica con l'opposizione. Quella che si crea tra gli ex alleati del centrodestra, quella che evoca Matteo Renzi quando chiama i 5 Stelle alla presa di responsabilita' quando dice: "voi non siete lo Stato, siete il potere, siete l'establishment. E non avete piu' alibi rispetto a cio' che c'e' da fare. Noi non vi faremo sconti".