Governo, habemus nomine delle grandi aziende di Stato, colpo di scena all’Enel: c’è il duo Scaroni-Cattaneo

Governo, habemus nomine delle grandi aziende di Stato, colpo di scena all’Enel: c’è il duo Scaroni-Cattaneo

Governo, habemus nomine delle grandi aziende di Stato, colpo di scena all’Enel: c’è il duo Scaroni-Cattaneo


La 'strana' coppia dovrà gestire un maxi debito da 80 miliardi di euro. All’Eni è confermatissimo Claudio De Scalzi come amministratore delegato. Due le donne: alle Poste Silvia Rovere (presidente), a Terna Giuseppina Di Foggia (amministratore delegato)

La quadra è stata trovata, e alla fine il 'pacchetto' delle nomine delle partecipate di Stato è stato chiuso. Secondo fonti autorevoli, ALL’ENEL è COLPO DI SCENA: PAOLO SCARONI PRESIDENTE E FLAVIO CATTANEO AD (CHE SARANNO ALLE PRESE CON LA GESTIONE DEL MAXI-DEBITO DA 80 MILIARDI). A TERNA FUORI STEFANO DONNARUMMA, DENTRO IL LEGHISTA IGOR DE BIASIO, COME PRESIDENTE E GIUSEPPINA DI FOGGIA AD. ALLE POSTE MATTEO DEL FANTE CONFERMATO AMMINISTRATO DELEGATO E come PRESIDENTE arriva SILVIA ROVERE, IN QUOTA del sottosegretario FAZZOLARI, MOGLIE DEL BNL ANDREA MUNARI. ALL’ENI CONFERMATISSIMO CLAUDIO DESCALZI AD E GIUSEPPE ZAFARANA VA ALLA PRESIDENZA . A LEONARDO LA SPUNTA IL TANDEM ROBERTO CINGOLANI (AD) E, IN QUOTA del ministro CROSETTO, STEFANO PONTECORVO (PRESIDENTE)

Patuanelli

Intanto Stefano Patuanelli torna in campo nel gruppo dirigente ristretto del Movimento 5 stelle. In passato già capogruppo al Senato e due volte ministro, allo Sviluppo economico nel governo Conte 2, alle Politiche agricole nell'esecutivo guidato da Mario Draghi, il 48enne ingegnere triestino in avvio di legislatura non aveva occupato cariche né nel Movimento né nel gruppo parlamentare a palazzo Madama, dove svolge il suo secondo mandato. Salvo imprevisti dell'ultima ora sarà lui, una delle figure storicamente più vicine al leader stellato Giuseppe Conte, ad assumere nuovamente la veste di presidente dei senatori M5S, in sostituzione di Barbara Floridia, recentemente eletta alla guida della commissione di Vigilanza sulla Rai. Nel M5S sono lontani - almeno in apparenza - i tempi delle assemblee notturne infuocate, delle espulsioni a raffica e delle scissioni poi evaporate nell'urna elettorale. "Siamo 28, non 160", minimizza un parlamentare di lungo corso. Tuttavia, che il passaggio non sia del tutto indolore lo testimonia il fatto che le dimissioni di Floridia da capogruppo non risultino ancora formalizzate, e che i componenti del gruppo parlamentare stellato parlino del tema volentieri solo con la garanzia dell'anonimato. Nell'ultima assemblea di gruppo, la presidente uscente si è limitata, in un clima molto pacifico, raccontano, a sottolineare il passaggio necessario dell'imminente cambio della guardia. Se tutto filerà liscio, quindi, passerà un'altra settimana prima che i senatori stellati possano votare per l'elezione del nuovo capogruppo: la data prescelta per ora è quella di martedì 18 aprile ma la convocazione con questo ordine del giorno ancora non c'è.


PD

Tutto quando il Terzo Polo resta in subbuglio ma l'effervescenza dei riformisti dentro il Partito Democratico sembra placarsi. Un caso, forse. Ma tra i parlamentari dem viene considerato anche come la dimostrazione che "extra ecclesia nulla salus". Non c'è salvezza fuori dal Pd, insomma. O, per usare i versi di Ivano Fossati, "non c'è più terra dove andare". Lo dimostrerebbe l'intervista di Andrea Marcucci che, dopo aver annunciato la sua uscita dal partito, ha parlato come se la decisione fosse ancora aperta. Il tema della tenuta degli esponenti e, soprattutto, degli elettori "moderati" è reale, ed è sollevato da una voce che nel partito fa sempre rumore. "I moderati vanno recuperati", dice Romano Prodi. E lo dice su Avvenire. La scelta del vettore del messaggio, in questo caso, è il messaggio stesso. Il Professore parla dalla casa dei cattolici, una parte importante dei moderati, per dire loro che nel Pd si possono sentire a casa. E per dire ad Elly Schlein che va bene il rinnovamento, va bene anche il radicalismo su alcuni temi. Ma su altro serve "il compromesso. Anzi serve un compromesso alto. E serve la forza di discutere sul futuro. Di dire basta alla politica del giorno per giorno. Di progettare. Di fare scelte guardando a un orizzonte lungo". I temi su cui confrontarsi non mancano, d'altra parte: l'Ucraina, la diplomazia europea, i migranti, il welfare, l'agenda sociale. Gli smottamenti del Terzo Polo, tuttavia, sono osservati anche da Schlein. Con un interesse duplice e con un misto di speranza e preoccupazione. La segretaria, infatti, ha messo nel mirino le Europee del 2024, vero test per saggiare l'efficacia delle scelte compiute sul partito. Da questo punto di vista, i sommovimenti del Terzo Polo rappresentano un rischio e una opportunità, viene spiegato da un alto dirigente dem. Da una parte, infatti, il Partito Democratico può accreditarsi sempre più come unica alternativa alla destra di governo e puntare a piazzarsi alle Europee intorno al 25-30 per cento - obiettivo indicato da una fonte di primo piano del Pd - confidando anche nella fine della "luna di miele" dell'esecutivo Meloni con gli italiani. Dall'altra, però, c'è da considerare che dopo le europee andranno al voto alcune Regioni importanti come Puglia ed Emilia-Romagna. E lì le alleanze serviranno, eccome. Questo il timing. Sempre che i presidenti uscenti di Puglia ed Emilia-Romagna non vogliano candidarsi a Bruxelles.


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