Governo, la premier Meloni sempre tra l’Europa e Donald Trump, dubbi sul summit dei volenterosi a Londra

Governo, la premier Meloni sempre tra l’Europa e Donald Trump, dubbi sul summit dei volenterosi a Londra Photo Credit: Agenzia Fotogramma
13 marzo 2025, ore 16:00
La posizione di Roma rimane "fortemente contraria" all'invio di truppe in Ucraina. Se il vertice dovesse servire a portare avanti la pianificazione di un'operazione di questo tipo, allora per la presidente del Consiglio non avrebbe senso partecipare
Di fronte a uno scenario internazionale considerato fluido a Palazzo Chigi ogni mossa è gestita all'insegna di cautela ed equilibrismo. Così è in dubbio anche la partecipazione della premier al videocollegamento della cosiddetta "coalizione dei volenterosi", convocato per sabato dal britannico Keir Starmer. Sono in corso valutazioni.
Roma
La posizione di Roma resta "fortemente contraria" all'invio di truppe in Ucraina. Se il vertice dovesse servire a portare avanti la pianificazione di un'operazione di questo tipo, allora per Meloni non avrebbe senso partecipare. In quest'ottica, solo come "osservatore" il capo di Stato maggiore della Difesa, Luciano Portolano, ha partecipato alla riunione a Parigi con i generali di una trentina di Paesi, organizzata dalla Francia, l'altro pilastro del gruppo dei "volenterosi". Un appuntamento che si sarebbe rivelato "meno operativo del previsto", si ragiona in ambienti di governo. Le diplomazie sono al lavoro. Alla riunione di Londra, però, non sono previsti "da osservatori", e la decisione definitiva sarà presa anche alla luce dei riscontri di quella a Parigi a cui ha partecipato il ministro della Difesa Guido Crosetto con gli omologhi di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito.
Crosetto
"Noi dobbiamo ragionare su tutti i possibili scenari", ha detto Crosetto a chi gli domandava se l'ipotesi di una forza di peacekeeping potesse passare in secondo piano rispetto alla priorità di inviare aiuti a Kiev. Intanto i meloniani rivendicano l'astensione a Strasburgo sulla risoluzione sull'Ucraina, che ha visto FdI, FI (a favore) e Lega (contro) votare in tre modi diversi. "Non è uno smarcamento. È uno dei rari casi in cui non abbiamo votato a favore su questo tema", sostengono, sottolineando che "l'attacco all'Amministrazione Trump" contenuto nel testo "non consentiva di farlo anche questa volta". Fallito il tentativo di blitz per cambiare il nome "ReArm Europe", considerato dal governo "pessimo", FdI ha poi votato a favore del piano von der Leyen per la difesa. FI ha fatto lo stesso, la Lega ha scelto il 'No'. Ora i tre alleati dovranno negoziare per evitare divisioni sul testo della risoluzione che darà il mandato a Meloni in vista del Consiglio Ue del 20 e 21.
Il piano
"Un 'piano' concreto ancora non c'è - ha osservato Matteo Salvini -, non comprendiamo perché dovremmo fare debito pubblico per comprare altre armi". Mancano i "dettagli" del ReArm, e "saranno forniti nelle prossime settimane", ha spiegato Giancarlo Giorgetti, sottolineando che "invece di sparare cifre a priori, dobbiamo decidere e sapere quali sono le vere necessità per quanto riguarda gli investimenti militari". E che per "minimizzare l'impatto sul debito pubblico" l'Italia ha presentato una proposta per assicurare garanzie europee agli investimenti privati. La cautela del ministro dell'Economia è condivisa da Meloni, e questo aspetto sarà riflesso con ogni probabilità nella risoluzione da votare al Senato e alla Camera fra martedì e mercoledì. "Si dovrà tener conto dei punti di vista di tutti", avvertono i leghisti, fiduciosi comunque che "si troverà una sintesi". "Nei momenti importanti la maggioranza si è dimostrata sempre unita", osservano dal governo. Ad ogni modo, una volta definito in tutti i suoi aspetti, più avanti il piano europeo sarà sottoposto al Parlamento.