Governo, sì del Cdm al pacchetto-sicurezza: stretta sulle truffe agli anziani e gli agenti aggrediti

Governo, sì del Cdm al pacchetto-sicurezza: stretta sulle truffe agli anziani e gli agenti aggrediti

Governo, sì del Cdm al pacchetto-sicurezza: stretta sulle truffe agli anziani e gli agenti aggrediti   Photo Credit: Agenzia Fotogramma


16 novembre 2023, ore 19:00

Intanto via libera definitivo al ddl che introduce il divieto di produzione e vendita di alimenti e mangimi sintetici, con scontro fisico fuori Palazzo Chigi fra il presidente di Coldiretti Prandini e una delegazione di Più Europa con Magi e Della Vedova

Un giro di vite sulle occupazioni, sulle misure antiterrorismo, sull'accattonaggio, sulle truffe agli anziani e anche sulle aggressioni ad appartenenti alle forze dell'ordine, cui sarà consentito il porto di una seconda arma da fuoco, rivoltella o pistola automatica, oltre a quella di ordinanza anche quando sono fuori servizio. Sono solo alcune delle misure del nuovo pacchetto sicurezza approvato nel Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio. Provvedimenti studiati dai ministeri dell'Interno, della Giustizia e della Difesa, che comprendono anche nuove norme sulla gestione e sulla protezione dell'identità dei collaboratori di giustizia.


I tutori dell'ordine

Ma andiamo con ordine. Si comincia dall'inasprimento delle pene nei confronti di chi aggredisce un appartenente alle forze dell'ordine. «Nell'ipotesi di lesioni personali cagionate a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni, si applica la reclusione da due a cinque anni - si legge nella documento -. In caso di lesioni gravi o gravissime, la pena è, rispettivamente, della reclusione da quattro a dieci anni e da otto a sedici anni». «Il presente intervento normativo - si legge nella relazione illustrativa del ddl - è volto a potenziare gli strumenti di tutela dei pubblici ufficiali nello svolgimento delle loro funzioni.

I beni dello Stato

Prevista anche una norma a tutela dei beni mobili e immobili in uso alle forze di polizia: «Se il fatto è commesso, con finalità di ledere l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione, su beni mobili o immobili in uso alle forze di polizia, si applica la pena della reclusione da sei mesi a 1 anno e sei mesi e della multa da 1.000 a 3.000 euro». Nei casi di recidiva «si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e la multa fino a 12000 euro», si legge nella bozza».


I blocchi stradali

Le nuove norme intervengono anche sul fronte dei blocchi stradali: mentre la norma attualmente in vigore punisce con una sanzione amministrativa chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo, il nuovo provvedimento stabilisce che questa fattispecie diventi reato nel momento in cui risulti «particolarmente offensiva ed allarmante, sia per la presenza di più persone sia per il fatto che sia stata promossa e organizzata preventivamente».

Armi da fuoco secondarie

Sul fronte delle armi da fuoco in possesso degli appartenenti alle forze dell'ordine, il pacchetto «consente l'impiego di arma diversa da quella d'ordinanza a soggetti che, senza licenza, comunque possono detenerle». C'è una norma «in materia di licenza, porto e detenzione di armi per gli agenti di pubblica sicurezza». «Gli agenti di pubblica sicurezza sono autorizzati a portare senza licenza le armi previste dall'articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, quando non sono in servizio», si legge. Di fatto, si spiega nella relazione illustrativa, viene estesa agli agenti di pubblica sicurezza quanto previsto per il capo della polizia, i Prefetti, i vice-prefetti, gli ispettori provinciali amministrativi, gli ufficiali di pubblica sicurezza, i pretori e i magistrati addetti al pm o all'ufficio di istruzione che «sono autorizzati a portare senza licenza le armi di cui all'articolo 42del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

La pistola d'ordinanza

Gli agenti, in sostanza, possono portare, senza licenza, le armi di ordinanza. «L'arma da fuoco di ordinanza che viene fornita dallo Stato - si legge nella relazione illustrativa -, è un'arma da «porto manifesto», vale a dire di grandi dimensioni e sensibile pesantezza». «Non è adatta, riteniamo, a mantenere una certa riservatezza e non visibilità in pubblico (la Beretta 92 FS d'ordinanza è lunga 217 mm e, quando carica, arriva a pesare un chilo). Un'arma di pari calibro, in versione compatta, meno ingombrante e sensibilmente più leggera, ha mediamente un peso di poco superiore ai 500 grammi con serbatoio pieno. Sono armi, in calibro 9 mm progettate per il porto occulto. Gli agenti di pubblica sicurezza hanno spesso evidenziato la necessità di poter acquistare, detenere e portare, senza licenza, un'arma privata in luogo di quella d'ordinanza quando operano in borghese o non sono in servizio. La necessità dell'intervento legislativo proposto è anche per evitare gli effetti negativi derivanti dal detenere un'arma diversa da quella d'ordinanza quando non si è in servizio».

Le truffe agli anziani

Nel pacchetto sicurezza c'è anche la repressione «in maniera più incisiva del crescente fenomeno delle truffe agli anziani, rafforzando gli strumenti di deterrenza e di repressione di tali allarmanti comportamenti». «Nell'anno in corso, alla data del 31 agosto 2023, gli anziani vittime di tali comportamenti ammontavano a 21.924, con una variazione percentuale in aumento del +28,9% rispetto al dato relativo al medesimo periodo del 2022, quando gli anziani truffati erano stati 17.008». Viene introdotto un nuovo comma «recante una specifica ipotesi di truffa aggravata sanzionata più gravemente» che prevede una pena da 2 a 6 anni e la multa da euro 700 a euro 3.000, «consentendo così l'applicazione della misura cautelare in carcere». La nuova fattispecie di truffa aggravata si introduce «nel novero dei reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza».

Le occupazioni

Provvedimenti incisivi anche sull'occupazione di immobili. C'è infatti una nuova fattispecie di reato nel codice penale che prevede «una specifica procedura per la reintegrazione nel possesso dell'immobile occupato». Si tratta dell'articolo 634-bis: «Chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente, è punito con la reclusione da due a sette anni. Alla stessa pena soggiace - si legge ancora - chiunque si appropria di un immobile altrui, con artifizi o raggiri, ovvero cede ad altri l'immobile occupato». La stessa pena viene applicata anche per chi «si intromette o coopera nell'occupazione dell'immobile, ovvero riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l'occupazione medesima, soggiace alla pena prevista dal primo comma». Non è punibile, invece, l'occupante che «collabori all'accertamento dei fatti e ottemperi volontariamente all'ordine di rilascio dell'immobile».

La riconsegna

Su richiesta del pubblico ministero «il giudice competente dispone con decreto motivato la reintegrazione nel possesso dell'immobile oggetto di occupazione arbitraria ai sensi dell'articolo 634-bis del codice penale. Prima dell'esercizio dell'azione penale, provvede il giudice per le indagini preliminari». L'obiettivo è quello di velocizzare i tempi di accertamento. «Nei casi in cui l'immobile occupato sia l'unica abitazione effettiva del denunciante, gli ufficiali di polizia giudiziaria che ricevono denuncia del reato di occupazione arbitraria di immobile altrui, di cui all'articolo 634-bis del codice penale, espletati i primi accertamenti tesi a verificare la sussistenza dell'arbitrarietà dell'occupazione, si recano, senza ritardo, presso l'immobile del quale il denunziante dichiara di essere stato spossessato». Gli ufficiali di polizia giudiziaria, «ove sussistano fondati motivi per ritenere l'arbitrarietà dell'occupazione», ordinano all'occupante l'immediato rilascio dell'immobile e contestualmente reintegrano il denunciante nel possesso dell'immobile medesimo». In caso di diniego all'accesso, resistenza, rifiuto di eseguire l'ordine di rilascio o assenza dell'occupante, gli ufficiali di polizia giudiziaria «dispongono coattivamente il rilascio dell'immobile e reintegrano il denunciante nel possesso del medesimo».

L’accattonaggio

Per chi «organizzi l'altrui accattonaggio, se ne avvalga o comunque lo favorisca a fini di profitto», ora sanzionata con la reclusione da uno a tre anni, il limite viene aumentato a cinque anni. L'articolo riguarda l'impiego «di minori nell'accattonaggio», l'organizzazione, il favoreggiamento, l'induzione e la costrizione all'accattonaggio». Viene punito l'impiego di minori sino a 16 anni, anziché sino a 14 anni, e viene innalzata la pena per tale condotta. Viene introdotta «l'induzione all'accattonaggio, che si aggiunge a quelle già previste. Viene aggiunto un nuovo comma, volto a sanzionare con la reclusione da uno a tre anni la condotta di chi «organizzi l'altrui accattonaggio, se ne avvalga o comunque lo favorisca a fini di profitto». Inoltre, «chiunque induca un terzo all'accattonaggio, organizzi l'altrui accattonaggio, se ne avvalga o comunque lo favorisca a fini di profitto è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso con violenza o minaccia o nei confronti di persona minore degli anni sedici o comunque non imputabile». Infine «se il fatto è commesso con violenza o minaccia o nei confronti di persona minore degli anni sedici o comunque non imputabile, è prevista un'aggravante ad effetto speciale».

I posti di blocco

Ci sono poi misure speciali per «un inasprimento sanzionatorio» del Codice della strada sull'inosservanza dell'obbligo di fermarsi intimato dal personale che svolge servizi di polizia stradale. Per chi si rifiuta di esibire documenti di guida o di far ispezionare il veicolo al personale di polizia stradale è prevista «la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100 a 400 euro». Nel caso di inosservanza dell'invito a fermarsi viene prevista «ove il fatto non costituisca reato», la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 200 ad euro 600. Si prevede «altresì che, in caso di reiterazione della violazione nel biennio, si applichi anche la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida fino a un mese». Per chi non si ferma ai posti di blocco, «ove il fatto non costituisca reato», c'è «la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.500 ad euro mila. In questa ipotesi - si legge -, oggettivamente più grave delle precedenti, si stabilisce che all'accertamento della violazione consegua la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre mesi ad un anno».


Le rivolte nelle carceri

Fra le misure anche quelle per prevenire le rivolte nelle carceri. «Chiunque, all'interno di un istituto penitenziario, mediante atti di violenza o minaccia, tentativi di evasione, di resistenza anche passiva all'esecuzione degli ordini impartiti, commessi/posti in essere in tre o più persone riunite, promuove, organizza, dirige una rivolta è punito con la reclusione da due a otto anni. Per il solo fatto di partecipare alla rivolta, la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Se il fatto è commesso con l'uso di armi la pena è della reclusione da tre a dieci anni. Se nella rivolta taluno rimane ucciso o riporta lesione personale, la pena è della reclusione da dieci a venti anni. Le stesse pene di cui al periodo precedente si applicano se l'uccisione o la lesione personale avviene immediatamente dopo la rivolta e in conseguenza di essa».

Il terrorismo on line

Affrontato poi un vuoto normativo sulla detenzione di documentazione propedeutica al compimento di attentati e sabotaggi con finalità di terrorismo. «Nella prassi operativa, infatti, l’ipotesi della detenzione di materiale informativo concernente l’implementazione di metodi e l’approntamento e l’utilizzo di strumenti terroristici non è agevolmente riconducibile alle fattispecie di cui agli artt. 302 o 414 del codice penale, relativi all’apologia o all’istigazione di reati con finalità di terrorismo, o all’art. 270-quinquies c.p., nella parte in cui punisce l’auto-addestramento ad attività terroristiche». «L’esperienza investigativa e giudiziaria mostra come siano stati numerosi i soggetti trovati in possesso di documentazione ascrivibile a gruppi terroristici internazionalmente riconosciuti, nei confronti dei quali, tuttavia, il giudice penale non ha potuto fare a meno di assolverli, per la parte relativa alla mera detenzione documentale, dalle fattispecie loro contestate», viene spiegato nel documento, che prosegue: «Il procacciamento di materiale idoneo a facilitare la commissione delle suddette attività sovversive costituisce condotta di per sé allarmante e pericolosa, a livello sociale, indipendentemente dalla effettiva realizzazione di atti terroristici, in quanto sintomatica di una progressione capace di portare repentinamente alla commissione di atti violenza con finalità di terrorismo. È nota, al riguardo, l’abilità e la rapidità delle organizzazioni terroristiche di “trascendere” dalla dimensione concettuale a quella reale, soprattutto grazie alla pervicace diffusione di un’azione propagandistica confezionata appositamente non solo per condizionare ideologicamente e psicologicamente il potenziale affiliato o seguace ma, finanche, per insinuarsi e fornirgli “a domicilio” le motivazioni e gli spunti operativi per passare – anche solitariamente - all’azione. Si parla, a tal proposito, di “terrorismo della parola”, in grado di alimentare, sia in forma orale che scritta, la macchina del terrore internazionale, come pure capace di innescare la radicalizzazione violenta che conduce al compimento di attività terroristiche.

Chigi

Intanto tensione nel primo pomeriggio davanti a Palazzo Chigi. Mentre si trovava in piazza Colonna assieme al segretario Riccardo Magi e ad alcuni militanti per esporre i cartelli "Coltivate ignoranza. Il divieto alla Carne coltivata è antiscientifico e anti italiano", il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova è stato raggiunto e spintonato dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini. Immediato l'intervento delle forze dell'ordine e degli altri presenti che hanno diviso e ricondotto Prandini sul lato di via del Corso, dove fino a pochi istanti prima si trovava assieme ai rappresentanti della sua organizzazione per sostenere il voto finale del Parlamento sul ddl che introduce il divieto di produrre e commercializzare cibi a base cellulare per uso alimentare (voto che è arrivato con 159 sì, il ddl è legge dello Stato). "Tu sei un delinquente e un buffone", ha urlato Prandini a Della Vedova mentre veniva allontanato. "Ecco cos'è la Coldiretti, vergogna", hanno ribattuto gli esponenti di +Europa. Poco dopo i manifestanti di Coldiretti hanno intonato con i megafoni "buffoni, buffoni".

Della Vedova

Della Vedova si è poi rivolto ai cronisti che hanno assistito all'aggressione sottolineando che l'episodio "mette in luce che siamo stati troppo teneri e che ormai la situazione sta degenerando. Se il presidente di Coldiretti si sente autorizzato, forte della partecipazione dei suoi, a venire ad aggredire un parlamentare, colpevole di aver espresso la propria opinione in Aula e per atti parlamentari, credo che siamo all'eversione". "Chiederemo formalmente che il governo italiano si dissoci da questa iniziativa e da questa aggressione che c'è stata, perché lo riteniamo gravissimo nei confronti di parlamentari di opposizione", ha sottolineato Magi. Per Prandini "è stato un momento di confronto che si sarebbe dovuto fermare a un confronto verbale, non ho problemi a dire questo. Però non chiedo scusa per la spinta perché Della Vedova non ha chiesto scusa al lavoro che fanno i nostri agricoltori e soprattutto perché la spinta è figlia del fatto che lui portava dei cartelli che insultavano l'intelligenza degli nostri agricoltori".


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