Gran Bretagna, governo Truss continua a perdere pezzi
20 ottobre 2022, ore 08:00
Si fa sempre più disperata l'impresa di Liz Truss per provare a salvare la poltrona, ad appena due mesi dall'arrivo a Downing Street. Saltano la ministra dell'Interno e la ministra-capogruppo
Il governo Tory britannico della traballante Liz Truss ha perso stasera altri due pezzi, dopo le dimissioni nel pomeriggio della ministra dell'Interno anti immigrazione, Suella Braverman, altro falco di una compagine connotata in origine da pretese di conservatorismo ultrà, seguite al cambio della guardia sullo scranno di cancelliere dello Scacchiere. L'ultima defezione è quella della ministra-capogruppo (chief whip), Wendy Morton, una stretta alleata della premier, incaricata nelle sole 6 settimane di vita della compagine di garantire la disciplina di partito alla Camera dei Comuni.
LE DIMISSIONI DOPO IL CAOTICO VOTO IN AULA
Morton si è dimessa secondo i media con il suo vice Craig Whittaker dopo un caotico voto in aula su una mozione del Labour, segnato da nervosismo nella maggioranza e addirittura da denunce di pressioni e spintoni su alcuni deputati dissenzienti in cui pare sia stata coinvolta la vicepremier Therese Coffey. Sfida vinta peraltro agevolmente dal governo alla fine con 96 voti di scarto contro la mozione dell'opposizione laburista destinata nelle intenzioni a ripristinare il bando sul fracking: controversa tecnica di fratturazione del sottosuolo praticata soprattutto negli Usa per l'estrazione del cosiddetto shale gas che l'esecutivo Truss ha deciso di reintrodurre nel Regno Unito - cancellando un divieto imposto nel 2019 - per far fronte alla crisi energetica. Con una scelta non condivisa da alcuni deputati del gruppo Tory eletti nei territori interessati da potenziali trivellazioni, malgrado l'impegno preso dal ministro della Attività Produttive, Jacob Rees-Mogg, a garantire una sorta di diritto di veto a tutte le comunità locali.
LE DIMISSIONI OBBLIGATE DI BRAVERMAN
Braverman non è stata tecnicamente silurata, ma si è dimessa dopo un colloquio con Truss a causa di quello che è stato presentato come "un errore in buona fede". Avendo riconosciuto d'aver inviato dalla sua mail personale a un collega deputato - in violazione delle regole sulla sicurezza delle comunicazioni ministeriali - il testo preliminare di un ennesimo giro di vite sulla politica migratoria. Errore di cui si è autoaccusata e per il quale ha valutato il passo indietro come "l'unica cosa giusta da fare". Nella lettera di congedo, l'ormai ex ministra - che giorni fa era arrivata a denunciare come un "golpe" le pressioni esercitate nei giorni passati sulla premier per costringerla a rinunciare alla "mini manovra finanziaria" iperliberista del 23 settembre, e a sostituire il cancelliere Kwasi Kwarteng col più cauto nuovo uomo forte dell'esecutivo Hunt - non ha mancato tuttavia di lanciare stilettate nel momento del passo d'addio contro generici altri che non si starebbero assumendo le proprie responsabilità di fronte a un cambiamento di linea politica verso cui ha espresso apertamente "preoccupazione".