Guardiani della Galassia Vol.3, il canto del cigno di James Gunn nel Marvel Cinematic Universe
10 maggio 2023, ore 08:00
La recensione del nuovo film del MCU con Chris Pratt, Zoe Saldana e Dave Bautista nel cast
Un prologo sulle note di Creep dei Radiohead e un epilogo suonato da Florence and the Machine sulle parole di Dog Days Are Over. Sempre più idioti e sempre più in balia degli eventi, i Guardiani della Galassia sono tornati. Stavolta avranno il compito di chiudere in bellezza la loro trilogia, regalandoci l'ennesima avventura scanzonata, divertente e piena di emozioni. Al timone dell'astronave c'è ancora lui, James Gunn, regista e sceneggiatore che, con questa terza pellicola, cala il sipario sul suo viaggio nel Marvel Cinematic Universe, per passare a dirigere la concorrenza dei DC Studios.
L'INNO ALL'IMPERFEZIONE
Tutta la maestria e la cura per osannare i difetti e le anomalie. Tutta la perfezione stilistica per raccontare il trionfo dell'imperfezione. I protagonisti che Gunn mette in scena, non sono i soliti supereroi: infallibili, coraggiosi e super. No, i "nostri" Guardiani sono degli imbecilli, degli idioti. Hanno paura, soffrono, non colgono i giochi di parole e combinano un guaio dietro l'altro. Ma sono proprio i difetti ad essere la loro forza, l'arma contro qualsiasi nemico. Sono perfetti nell'imperfezione. E forse è proprio questo il loro segreto: accettarsi per quello che sono, senza sforzarsi di essere altro. Ma soprattutto, la grande lezione che ci regalano questi personaggi è quella di smettere di essere supereroi per diventare umani. Per diventare come noi che guardiamo le loro gesta, grossolane ma piene di cuore. A James Gunn interessa più l'anomalia dell'eccezionalità. Meglio essere umani, magari brutti e goffi, ma pieni di sentimento.
Non a caso, il tema della perfezione in Guardiani della Galassia Vol.3 è declinato anche dal villain di turno. L'Alto Evoluzionario è ossessionato dalla razza perfetta e conduce esperimenti diabolici su povere creature indifese, come il nostro amato Rocket.
SENZA SPRECARE NEMMENO UN FOTOGRAMMA
La Marvel, nelle sapienti mani di Gunn, smette di essere soltanto un’operazione commerciale, per diventare un'opera in piena regola. Non si poteva chiedere di meglio da un film che deve necessariamente muoversi nei ranghi di una macchina dell'intrattenimento che ha delle regole ben precise da seguire. Ma nonostante tutto all'autore sembra essere concessa tutta la libertà espressiva possibile. E infatti non viene sprecato nemmeno un minuto. Tutto è gestito nel migliore dei modi e tutto sembra finalizzato a costruire un climax tale che, arrivati alla fine, qualsiasi cosa accade sullo schermo ti strappa l'anima e ti bagna gli occhi.
TUTTO PIÙ GRANDE
Un lavoro visivo da manuale, con una gestione cromatica veramente notevole. Una tavolozza di colori rovesciata sullo schermo e impreziosita dalla consapevolezza di un autore che sa esattamente come maneggiare la macchina cinematografica.
James Gunn si dimostra un perfetto direttore d'orchestra, liberando dal suo walkman tutta la sua musica preferita. Una colonna sonora divina che riesce ad esaltare qualsiasi sequenza del film.
Con la terza avventura si ritrova lo stesso spirito che aveva già contraddistinto i primi due capitoli, ma con una maturità, un'esperienza e una consapevolezza del tutto diversi. In Guardiani della Galassia vol.3 si ride e si piange di più. Tutto è più grande e amplificato perché nel frattempo questi personaggi sono cresciuti, si sono evoluti e sono entrati nell'immaginario collettivo. Si percepisce in ogni singolo fotogramma la malinconia di un'epoca al tramonto, di un finale che incombe e che forse non vogliamo vedere. Forse lo stesso Gunn prova malinconia nel salutare le sue creature, e non a caso infarcisce la storia di passione e cuore, forse anche esagerando un po’ rispetto agli altri due film. È il vero “Endgame”. La chiusura di un cerchio e la fine di un’era. L'epoca di James Gunn, che ha lasciato il MCU per approdare in altri lidi cinematografici. La fine di una certa Marvel, quella più gloriosa e brillante. Ma la cosa più malinconica è che sebbene si provi a voltare pagina, simili vette non torneranno con grande facilità.
UN FILM IN RITARDO
Guardiani della Galassia Vol. 3 è come una stella. Una luce meravigliosa e ammaliante che appartiene a qualcosa di già finito da tempo e che quindi non esiste più. Infatti questo terzo capitolo della trilogia di Gunn, se lo si inquadra nel contesto generale del MCU, appare come un film sostanzialmente “in ritardo”, che non si lega con nessuno dei film degli ultimi due anni. Una pellicola che continua ad avere una perfetta filiazione con la cosiddetta Golden Age della Marvel. E mentre James Gunn si gode la vittoria di un film perfettamente riuscito (forse tra i più riusciti della sua carriera), per la casa di Kevin Feige è l’ennesima prova di un disegno narrativo poco coerente. Sembra non esserci più una linea editoriale. Ogni film sembra essere diventato un pianeta a sé stante, che vive di vita propria senza riuscire a dialogare con gli altri. La Marvel in sostanza continua ad essere molto brava con le conclusioni, ma non riesce ad essere altrettanto brava nel ricominciare un nuovo discorso narrativo ed editoriale. E ora, senza James Gunn, sarà ancora più difficile.
Ma i Guardiani della Galassia valicano i confini della Marvel. Un progetto che negli anni è riuscito a diventare quasi un brand a parte, entrando nel cuore di milioni di persone in tutto il mondo. La trilogia di James Gunn rappresenta oggi per la generazione di ragazzi che sono cresciuti assieme a questi personaggi, l’equivalente di quello che la trilogia originale di Lucas, Star Wars, ha rappresentato per gli anni 70/80. Un modello cinematografico forte a cui aggrapparsi per continuare a sognare, ridere ed emozionarsi.