I 70 anni di Francesco De Gregori, il Principe elusivo della musica e della storia italiana
I 70 anni di Francesco De Gregori, il Principe elusivo della musica e della storia italiana
03 aprile 2021, ore 21:00 , agg. alle 21:19
Non ama che lo si definisca “poeta”, ma il cantautore romano ha sempre trovato parole illuminanti: fiabesche per la “Donna Cannone”, enigmatiche in “Alice”, politicamente spietate nella “Ballata dell’Uomo Ragno” dedicata a Craxi
Stavolta, nella domenica di Pasqua, avrà qualche motivo in più per sottrarsi alle celebrazioni. Non aspira all'imitazione di Cristo. Ma Francesco De Gregori è pur sempre un Principe, per la regale altezza del suo ingegno artistico. Ne fa 70, un compleanno di bilanci. Mezzo secolo di musica italiana gli deve molto, per aver cesellato canzoni rivelatrici, anche se a volte scritte in un linguaggio criptico come rebus, vedi “Alice”, o impalpabilmente fiabesche come “La Donna Cannone”. Del resto, De Gregori deve molto a Dylan (al quale ha dedicato un album di cover in italiano): il folksinger americano è da sempre il mentore di Francesco. I due si parlarono una sola volta, a Roma. E Bob ammonì l'italiano: "Qualcuno mi ha detto che mi consideri il tuo mito. Sbagliato. Mai seguire gli idoli".
Antonello e Claudio
E dire che con Dylan De Gregori ha condiviso esordi polverosi al Folkstudio, il locale capitolino dove, in tempi diversi, entrambi si esibirono. Quel Folkstudio che fu l'angusta palestra del rodaggio degregoriano insieme al "fratello" Antonello Venditti. Due che hanno macinato per una vita lo stesso percorso, a volte mandandosele a dire con caustici brani “a chiave”, salvo poi riappacificarsi per duettare, in età matura, su un palco. Più sorniona la rivalità a metà degli anni Settanta con Claudio Baglioni. Reduci l’uno dal trionfo di “Rimmel”, l’altro da “Questo piccolo grande amore”, decisero un giorno di testare la propria fama suonando per strada al Pantheon. Nessuno si fermò ad ascoltarli.
Il morso dei tempi
De Gregori è stato e resta un testimone delle vicende del nostro paese. Una volta pure ostaggio. Nel ‘76, al Palalido di Milano, fu sequestrato in scena da alcuni leader dell’ultrasinistra, che gli contestavano un compenso “non da compagno”, e lo invitarono a suicidarsi di fronte al pubblico. “La storia”, come la canta lui, è elegiaca, ma anche tragica. Nella sua famiglia non è stato mai elaborato il dolore di uno zio, anche lui chiamato Francesco, comandante partigiano della Brigata Osoppo, trucidato a Porzus da quelli della Garibaldi. Nello stesso eccidio aveva perso la vita il fratello di Pasolini. Una carriera, la sua, in cui non ha risparmiato ambigui omaggi (“Il signor Hood” per Pannella), brucianti invettive (“La ballata dell’Uomo Ragno” per Craxi) o ridanciani inviti (“Vai in Africa Celestino” per Veltroni). Il Principe non smette di gettare l’occhio sulle vicende italiane. Giorni fa ha proposto l’istituzione di un Ministero del Divertimento. E non sarebbe una cattiva idea.