I libri più interessanti della settimana, tra “Il piccolo hotel dei miracoli”, “Le bugie sepolte nel mio giardino” e “La donna dal cappotto verde”

I libri più interessanti della settimana, tra “Il piccolo hotel dei miracoli”, “Le bugie sepolte nel mio giardino” e “La donna dal cappotto verde”

I libri più interessanti della settimana, tra “Il piccolo hotel dei miracoli”, “Le bugie sepolte nel mio giardino” e “La donna dal cappotto verde” Photo Credit: "Il piccolo hotel dei miracoli" di Akio Shibata e Koto Takimori, Giunti


Tre libri, tre storie e tre modi di raccontare sostanzialmente diversi che però, come sempre, riescono a catturare l’attenzione del lettore grazie a ritmi narrativi magnetici

Il fine settimana è il momento perfetto in cui si può (almeno sperare di) rallentare un po’ e prendersi una pausa dal consueto tran tran quotidiano. Questo almeno per i più fortunati che riescono a ritagliarsi un momento per sé stessi, ovviamente.

Ed è proprio in questi frangenti, soprattutto in occasione delle fredde giornate invernali, che salgono in cattedra gli “amici” perfetti di ogni pantofolaio che si rispetti: divano, copertina e un buon libro. Ma cosa leggere? Cosa scegliere nella miriade di proposte letterarie differenti che ogni settimana invadono gli scaffali?

Ci pensiamo noi a fare il punto della situazione con il nostro consueto appuntamento dedicato ai libri più interessanti della settimana. Una parentesi in cui, nelle scorse settimane, ci siamo focalizzati su titoli come "Ipnocrazia: Trump, Musk e la nuova architettura della realtà" e "Gli Accoliti di Cthulhu", oppure il trittico costituito da “Il cerchio della felicità”, “ Contrabbandieri di Diamanti” e “Other Birds”.

Oggi sotto la lente d’ingrandimento ci finiscono:

- Il piccolo hotel dei miracoli, di Akio Shibata e Koto Takimori

- Le bugie sepolte nel mio giardino, di Jin Yeong Ki

- La donna dal cappotto verde, di Edith Bruck


IL PICCOLO HOTEL DEI MIRACOLI, LA GENTILEZZA Può CAMBIARE IL MONDO

Partiamo oggi nella nostra rassegna dei libri più interessanti della settimana con un volume che colpisce per la sua capacità di toccare le corde dell’emotività. “Il piccolo hotel dei miracoli”, di Akio Shibata e Koto Takimori, edito da Giunti, è la storia vera di un hotel sito in Giappone che, dal rischio di chiusura, è passato a diventare un vero e proprio punto di riferimento nell’ambito delle strutture ricettive. Il motivo? La gentilezza del suo personale.

Un percorso di crescita è passato dalle scelte operate dal direttore, che nel momento di crisi ha scelto di mettere i propri dipendenti al centro di tutto, formandoli e valorizzandoli. Aumentandone in questo modo le motivazioni personali e professionali. Un vero e proprio circolo virtuoso di bontà che ha innescato ulteriore bontà, in un “contagio” che non ha risparmiato i clienti.

Ed è dalle storie del personale dell’hotel a quelle personali dei clienti della struttura che si sviluppa la storia. Una serie di racconti che restano impresse per la loro capacità di spingere all’introspezione e che evidenziano come la gentilezza possa divenire col tempo un motore di cambiamento. Dal microcosmo dell’albergo che funge da set alle narrazioni al macrocosmo di tutti i personaggi che gravitano (per più o meno tempo) nei dintorni della struttura.

Una storia che fa bene al cuore e che, probabilmente, potrebbe fornire spunti importanti a chi, al giorno d’oggi, mira a fare imprenditoria con successo. Un qualcosa che non si misura esclusivamente con gli incassi registrati.



LE BUGIE SEPOLTE NEL MIO GIARDINO, NON È TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA?

Uno degli obbiettivi che si prefigge ogni autore nel momento in cui è intento a scrivere è quello di riuscire a catturare l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine. Qualcosa che riesce sicuramente bene a Jin Yeong Ki con il suo “Le Bugie sepolte nel mio giardino”, edito da Giunti. Una storia dalle tinte thriller dalla forte componente psicologica che rapisce per la capacità dell’autore di creare una fitta trama narrativa.

Si parte con quello che si potrebbe definire un idillio per la protagonista Ju-ran. Una vita familiare soddisfacente, una condizione economica tutto sommato stabile e una casa a pochi minuti dal centro di Seoul. Sarebbe tutto perfetto se non fosse per due “piccoli dettagli”: una puzza nauseabonda che arriva dal giardino, di cui non se ne capisce la causa, e un’accusa di omicidio mossa da una donna, Sang-eun, nei confronti di suo marito. Una storia che vive costantemente in bilico tra la realtà percepita e realtà potenziale. La concretizzazione narrativa del paradosso del “Gatto di Schroedinger”, in una storia dove potenzialmente è vero tutto, ma anche il contrario di quello stesso tutto.

Un racconto orchestrato in maniera brillante dall’autore, capace di intrecciare le trame dei due personaggi, Ju-ran e Sang-eun, con il giusto equilibrio di elementi narrativi. Senza lesinare anche sul fronte delle riflessioni esistenziali.


LA DONNA DAL CAPPOTTO VERDE, IL PASSATO CHE TORNA A BUSSARE

La settimana che sta per aprirsi è quella legata al ricordo e dei tragici eventi della Shoah e alla commemorazione delle vittime dell’olocausto. Un qualcosa che passa anche dalle pubblicazioni che troviamo tra i libri più interessanti della settimana con “La donna dal cappotto verde” di Edith Bruck, edito da La Nave di Teseo. Si tratta di un ritorno sugli scaffali per l'autrice, sopravvissuta nel campo di concentramento di Auschwitz, con questa storia portata al cospetto dei lettori per la prima volta nel 2012.

Protagonista Lea, una donna ormai più che adulta che vive la sua vita in compagnia del marito novantenne Dario. Ha la sua routine, fatta di impegni quotidiani e di lavoro, tra scrittura e traduzioni. Uno scorrere delle giornate tutto sommato lineare, dopo un passato che definire burrascoso sarebbe fin troppo eufemistico. La detenzione nel campo di concentramento di Auschwitz ha segnato il periodo dell’infanzia di Lea, ma non le ha impedito di guardare sempre con speranza al futuro.

Tutto normale, insomma, fino a un singolare incontro durante le consuete commissioni in giro per Roma ne stravolge la tranquillità. Una donna sembra riconoscerla, identificandola come la “Lea di Auschwitz”. Chi è quella donna? Era una delle Kapò – le detenute con compiti gestionali, che godevano di favoritismi guadagnati a suon di violenze sulle compagne del campo – oppure un’altra sventurata come lei? Domande a cui proverà a trovare risposta in una disperata rincorsa verso la verità, con un che di spirito investigativo, partendo da un unico dettaglio: il cappotto verde che la donna indossava.



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