I libri si sentono soli, il viaggio di Luigi Contu nella biblioteca di famiglia e nella storia italiana

I libri si sentono soli, il viaggio di Luigi Contu nella biblioteca di famiglia e nella storia italiana

I libri si sentono soli, il viaggio di Luigi Contu nella biblioteca di famiglia e nella storia italiana


08 aprile 2024, ore 19:00

Un percorso tra le pagine di un archivio prezioso, tra documenti inediti. poesie, riviste, in cui privato e pubblico si fondono

I libri si sentono soli: parte da qui, dalla frase ripetuta da un padre al figlio, il libro omonimo del giornalista Luigi Contu, direttore dell'Ansa. Un volume pubblicato nel 2022 per La Nave di Teseo e che continua il suo viaggio, arrivato alla quarta ristampa. Un racconto autobiografico e corale, in cui, dialogando con la letteratura, l'autore si confronta con se stesso, con la storia della sua famiglia e con quella d'Italia. 

TESTIMONIANZE UNICHE

Tutto inizia da un appunto lasciato dal padre in punto di morte, con le coordinate di un'eredità inaspettata: quindicimila libri raccolti nel corso di più di cento anni, di cui all'improvviso Contu si ritrova ad essere custode. Volumi da riordinare, da rileggere, per poi scoprire di aver sempre avuto a portata di mano un patrimonio prezioso. Che l'autore, dopo un lavoro durato più di un anno, sceglie di condividere con i lettori, passeggiando tra le pagine della Storia. Un percorso che va dalla Sardegna di fine Ottocento alla modernità, tra documenti inediti, volumi speciali, poesie ma anche biglietti privati - come quello inviato da Grazia Deledda al nonno, Rafaele Contu, figura centrale del panorama culturale del suo tempo. Ed è proprio lui in gran parte protagonista: il primo a tradurre Einstein nel nostro Paese, fondatore di numerose riviste scientifiche, amico di alcuni tra i più grandi, da Marinetti a Montale a Paul Valery, ma anche un convinto fascista. Ecco allora che la collezione, conservata per quasi un secolo e confluita poi in una mostra, è in grado di raccontare la società italiana da vicino, in tutta la sua complessità. Attraverso l'eredità culturale di una famiglia sì, ma che in parte è anche nostra. 


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