02 dicembre 2020, ore 18:00
Sei manager e trecento collaboratori per un fiume di 209 miliardi da investire nella ricostruzione del nostro Paese.
Alcune notti orsono, (perché questo governo prende decisioni sempre col favore delle tenebre), il Consiglio dei Ministri ha deciso di costituire l’ennesima task force che avrà il compito di gestire, sotto gli occhi maliziosi dell’Europa, che si fida solo fino ad un certo punto delle nostre capacità organizzative e gestionali, un fiume di denaro di 209 miliardi di euro, quanti ne spettano all’Italia per il cosiddetto recovery fund o next generation.
Una semplice richiesta
Avrei una semplice richiesta da fare al presidente Giuseppe Conte e al ministro dell’economia Gualtieri. Come cittadino italiano che paga regolarmente le tasse vorrei conoscere i nomi dei sei manager che guideranno questa sorta di gran comitato di spesa, affiancati da cinquanta collaboratori cadauno per un totale di trecento consulenti. Vorrei sapere se i loro nomi sono stati già decisi, come avviene il loro reclutamento, quali i loro curricula, i loro emolumenti. Così come, sempre da cittadino che attraverso le tasse si considera il datore di lavoro di queste 306 personalità, ritengo giusto comunicare il compenso stabilito per questa imponente operazione di “restauro” dell’Italia.
Nelle democrazie normali lavora il Parlamento
Nelle democrazie liberali occidentali è il Parlamento, sovrana espressione del popolo, a lavorare sui progetti e sui finanziamenti per servizi, infrastrutture e quant’altro, leggi istruzione, giustizia, sanità. Un governo con i suoi ministri e una opposizione, che non a caso dovrebbe avere una sorta di governo cosiddetto ombra, deliberano a maggioranza e agiscono di conseguenza. I cittadini approvano o disapprovano e formulano quei giudizi che si trasformeranno al momento opportuno in voti, di consenso o meno.
Un pensierino da scuola elementare
Detta così sembra una lezioncina di educazione civica per alunni di scuola elementare. Verrebbe difficile spiegare loro perché la politica non si senta in grado di governare o fare opposizione e necessiti sempre, da noi, di top manager e schiere di consulenti. Con la speranza che vadano d’amore e d’accordo e che non vengano scelti (vedi caso Calabria con la farsa dei commissari per la Sanità) solo ed esclusivamente sulla base di quel cancro tutto italiano che va sotto il nome di lottizzazione partitica e di corrente.
L’emblematico caso Sardegna
Si leggono roboanti progetti: rivoluzione green, sviluppo industriale, digitalizzazione, riforma della Pubblica Amministrazione e via discorrendo. Piani (con molti soldi in cassa) che dovrebbero cambiare il volto un po’ arretrato dell’Italia nei prossimi, minimo, dieci anni. Speriamo che non accada come nelle zone della Sardegna colpite dall’alluvione. Sette anni fa un analogo evento atmosferico portò a stanziare, con tanto di delibere approvate, milioni di euro per la sistemazione del bacino idrogeologico del nuorese. Naturalmente non è stato fatto nulla. Perché le carte della burocrazia sono molto più pericolose di qualsiasi evento atmosferico. Speriamo che l’Europa non se ne sia accorta e proceda con ottimismo. Su un punto insisto: i nomi, i ruoli, le esperienze e gli stipendi dei sei manager e dei loro trecento collaboratori. Magari comunicati di mattina o non nel cuore della notte.
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