Il 29 maggio è la Giornata internazionale dei Peacekeaping 2021. La mission dei Caschi Blu è mantenere la pace nel mondo
29 maggio 2021, ore 12:00
Il peacekeeping (mantenimento della pace), anche U.N. peacekeeping, identifica le attività politiche e militari svolte dalle "Forze internazionali di pace delle Nazioni Unite" (comunemente indicate come caschi blu) con lo scopo di mantenere la pace internazionale. A loro, al loro impegno è dedicata questa giornata
Letteralmente Peace-Keeping significa ‘mantenimento della pace’. È l’insieme delle operazioni, anche di carattere non strettamente militare, condotte da forze armate multinazionali costituite da contingenti messi a disposizione dagli Stati membri di un’organizzazione internazionale, a carattere universale, come l’Organizzazione delle Nazioni Unite, o regionale, quali l’Organizzazione degli Stati americani, l’Unione Africana, l’Unione Europea, ecc., allo scopo di mantenere la pace in aree di crisi. Nella prassi delle Nazioni Unite, la cui prima forza di pace, istituita nel 1956, ha operato in Sinai (UNEF I), le operazioni di peace-keeping presentano alcuni caratteri comuni: il consenso dello Stato sul cui territorio sono dispiegate le truppe; la neutralità e l’imparzialità; l’uso della forza solo per legittima difesa.
PIU’ DONNE NEI CASCHI BLU PER MANTENERE LA PACE
Aumentare la partecipazione delle donne in uniforme alle operazioni di pace è una “priorità fondamentale” per le Nazioni Unite. Jean-Pierre Lacroix, sottosegretario generale per le operazioni di pace (DPO) ha spiegato “Uno dei nostri impegni è quello di attuare l’agenda “Donne, pace e sicurezza” nell’ambito dell’Iniziativa per l’azione per il mantenimento della pace (A4P) del Segretario Generale e rimarrà una priorità”. Al lancio del Fondo di iniziativa Onu Elsie è stato annunciato che Liberia, Messico, Niger, Senegal e Sierra Leone riceveranno sostegno finanziario per aumentare la partecipazione delle donne militari e della polizia alle operazioni di pace. “Le donne possono occupare qualsiasi posizione nel mantenimento della pace, anche meglio degli uomini”, ha sottolineato Lacroix.
UN MESTIERE PERICOLOSO, COSTI E RISCHI
Ad accendere i riflettori sui pericoli delle missioni di peacekeeping dell’ONU e sul numero elevato di vittime registrato tra i caschi blu impegnati nelle dodici missioni attualmente in corso è il Prof. Marco Bocchese, University of Illinois, in un articolo per l’Ispi –Istituto per gli Studi di Politica Internazionale- scrive: “Dal 1948 al febbraio scorso, sono addirittura 4.065 i deceduti tra coloro che messo la propria vita ed incolumità al servizio della pace negli angoli più remoti del pianeta, flagellati da guerre e violenza sistematica contro civili inermi. Volendo dividere quest’ultimo periodo in due fasi, i dati mostrano come l’andamento del numero dei caduti volgesse al ribasso nel decennio 1993-2002 per poi risalire e stabilizzarsi nel periodo 2003-2020, con una perdita media di 120 uomini all’anno. Le 28 vittime del primo bimestre confermano questo drammatico andamento anche per l’anno corrente”. Quanto ai costi delle missioni “esiste una prassi, ormai consolidata, per cui alcuni paesi in via sviluppo danno piena disponibilità all’invio di caschi blu al fine di compensare i contributi finanziari dovuti annualmente al bilancio dell’ONU. Negli anni si è venuta così a creare una contrapposizione tra i paesi che maggiormente contribuiscono in termini monetari e quelli che invece danno la disponibilità allo spiegamento di forze sul campo. Se la prima graduatoria è guidata dai paesi del G8 e dalla Cina, nella seconda prevalgono Bangladesh, Ruanda, Etiopia, Nepal, India e Pakistan". L’Italia è il primo paese europeo (e diciassettesimo a livello globale) per numero di peacekeepers dispiegati dal 1948 ad oggi. Dal 1979, l’impegno italiano nelle missioni di pace si è concentrato principalmente in Libano (UNIFIL), dove le forze italiane sono attualmente presenti con un contingente di 1.086 unità su un totale di 10.535 caschi blu. Anche il prezzo pagato in termini di vite umane è altissimo, con 49 caduti al servizio della pace, tra cui 22 nella prima missione ONU in Congo (1960-64), 11 in Somalia e 7 in Libano.
IMPEGNARSI COME PEACEKEEPER
Le missioni sono normalmente di breve durata (non più di un anno). Gli aspiranti peacekeeper devono essere laureati, aver maturato 4-5 anni di esperienza professionale sul campo. E’ necessaria la conoscenza dell’ inglese e/o del francese, meglio se si parla anche spagnolo, portoghese, arabo o russo. Tra i requisiti c’è la capacità di sopportare dure condizioni fisiche e lunghi orari di lavoro. Chi viene selezionato è sottoposto ad un’approfondita visita medica e deve rendersi da subito disponibile a partire. Per la maggior parte delle missioni non è consentito viaggiare con la famiglia. Prevista un’ indennità di missione. Il Dipartimento ONU per le Operazioni di Mantenimento della Pace ricerca spesso i seguenti profili: ufficiali addetti alla sicurezza e alle operazioni aeree, responsabili edifici e infrastrutture (ingegneri), responsabili del trasporto locale, esperti in finanza, tecnici di comunicazione satellitare, responsabili acquisti e approvvigionamento, esperti in affari legali e contratti.