03 febbraio 2021, ore 11:56 , agg. alle 10:02
Considerato uomo del fare, da presidente della Banca centrale europea ha svolto un ruolo essenziale per salvare l'Euro durante la crisi del debito sovrano. È entrato nella storia il suo "whatever it takes", tutto ciò che sarà necessario, pronunciato nel 2012 nel pieno della tempesta sui titoli di stato
Classe 1947, romano , orfano di entrambi i genitori da giovanissimo, laurea alla Sapienza e Phd in Economics presso il Massachusetts Institute of Tecnology, Mario Draghi viene considerato un “ uomo del fare”, per usare una definizione cara a Berlusconi, pragmatico, determinato e concreto. Il suo esordio tra i corridoi dei ministeri negli anni ’80, nella veste di consigliere economico del titolare del dicastero del Tesoro, Giovanni Goria. Nel ‘91 diventa direttore generale dello stesso ministero e si trova a gestire il difficile momento delle privatizzazioni. Sono anni complicati per l’Italia che cambia il suo profilo economico. Lascia il ministero del tesoro per un breve parentesi americana e alla Goldman Sachs a Londra nel 2002. Diventa governatore della Banca d’Italia nel 2005, sono gli anni di Bancopoli. Prende il posto di Antonio Fazio, dimessosi perché coinvolto nello scandalo, e punta subito a dare un segnale di discontinuità rispetto al predecessore. Tra i suoi principali obiettivi anche quello di mettere al sicuro il sistema bancario dagli assalti dei grandi gruppi stranieri.
“WHATEVER IT TAKES"
Si guadagna il nome di Super Mario per quanto realizza come presidente della Banca Centrale europea dal 2011. “Whatever it Takes”, tutto ciò che occorre per salvare l’Euro, sono le parole pronunciate nel luglio del 2012 a Londra. Nel dicembre dello stesso anno i quotidiani inglesi Financial Times e The Times lo incoronano "Uomo dell’anno" per il ruolo svolto nella crisi del debito sovrano. Sono sue le iniziative per salvare i titoli di stato dei paesi europei dall’assalto dei mercati. Mette in campo quello che viene definito un bazooka contro la speculazione, il Quantitative easing, l’acquisto dei titoli da parte della Bce, che arriva nel 2015. Il suo mandato si conclude nell’ottobre del 2019, con il passaggio di consegne al successore, Christine Lagarde. In quei frangenti, a chi gli domanda dei suoi piani per il futuro risponde: ”Chiedete a mia moglie”.
DEBITO BUONO E CATTIVO
Sempre molto schivo, distante dagli scontri della politica, nei mesi della pandemia Mario Draghi ha fatto sentire la sua voce, invitando all’azione e a metter da parte tutte le esitazioni: “Ci troviamo di fronte a una guerra contro il coronavirus e dobbiamo muoverci di conseguenza”, dice in un’intervista al Financial Times nel marzo del 2020. In estate al Meeting di Rimini parla del Next Generation Eu, il piano europeo per uscire dalla crisi innescata dall’emergenza sanitaria, e guarda a chi quei debiti dovrà ripagarli: “Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”. Nel suo intervento richiama alla necessita di far debito per uscire dalla palude, il “debito buono” quello in grado di stimolare la crescita, esattamente il contrario del “debito cattivo” fatto di sussidi e che dovranno ripagare le generazioni future. Posizioni simili a quelle espresse nel suo ultimo messaggio, lo scorso dicembre, quando parla delle sfide legate al Recovery Fund: “La sostenibilità del debito pubblico in un certo Paese sarà giudicata sulla base della crescita e quindi anche di come verranno spese le risorse di Next Generation Eu. Se saranno sprecate il debito alla fine diventerà insostenibile perché i progetti finanziati non produrranno crescita". Negli ultimi mesi il suo nome viene inserito tra quelli perfetti per prendere il posto di Sergio Mattarella al Quirinale. Ieri la chiamata del presidente della Repubblica per salvare ancora una volta l’Italia.