Il sabotaggio del gasdotto North Stream: la spy story ricostruita dal wsj

Il sabotaggio del gasdotto North Stream: la spy story ricostruita dal wsj

Il sabotaggio del gasdotto North Stream: la spy story ricostruita dal wsj Photo Credit: Agenzia Fotogramma.it


Settembre 2022: la più grande fuoriuscita di gas nel mar Baltico dal gasdotto russo della Gazprom. Due anni di indagini del quotidiano di New York

Una vicenda dai contorni degni di un thriller pensato da uno scrittore del calibro di Dan Brown (autore del mega thriller Il Codice da Vinci): tra spie, servizi segreti, corpi speciali e intrighi internazionali che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza di un continente e che racconta di indagini, equilibri che cambiano, e colpevoli inaspettati che agiscono con mezzi di fortuna per non dare nell’occhio. Un piccolo manipolo di spie che comunica solo verbalmente e che perde completamente il contatto con la base per non essere intercettato. Gli ingredienti danno subito la misura delle potenzialità della trama di questa spy story, che non è partorita dalla mente di un autore geniale, ma si tratta di un intrigo reale i cui contorni sono stati recentemente svelati dal Wall Street Journal.

IL FATTO

Nel settembre del 2022, a pochi mesi dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ci fu un caso di cui tutti i giornali parlarono a lungo: una enorme fuoriuscita di gas da un condotto chiamato North Stream I, attraverso il quale la Germania veniva rifornita di gas dal colosso russo Gazprom dal quale era totalmente dipendente. Moltissime furono le ricostruzioni fatte da analisti molto ben informati. La prima domanda fu se fosse stato un incidente causato dall’apertura di una valvola oppure si fosse trattato di un’esplosione. In poco tempo fu chiaro che poteva solo trattarsi di un sabotaggio, che nella legislazione internazionale viene considerato atto di guerra.


I RESPONSABILI

Il secondo elemento immediatamente al vaglio degli inquirenti tedeschi era stabilire le responsabilità di tale azione. Tra i possibili autori vennero subito indicati i russi e in seconda istanza gli ucraini. Soprattutto in quel momento particolare, quando la vile aggressione dello stato libero e democratico dell’Ucraina aveva sconvolto e traumatizzato l’opinione pubblica, probabilmente se fosse precipitato un meteorite sulla terra sarebbe stato incolpato Putin. E questo avvenne anche in quell’occasione, nonostante l’assenza di prove. Non era un’idea totalmente astrusa, perché quell’incidente fece rimbalzare nella borsa di Amsterdam il prezzo del gas a un livello mai toccato prima, creando uno shock economico a livello internazionale. La strategia destabilizzante poteva essere imputata allo zar. Ma c’erano sicuramente elementi che non tornavano. Chi altri avrebbe potuto avere interesse a far saltare quel equilibrio, seppur fragile, di rapporti tra l’Occidente e la Russia? Era davvero difficile pensare che le vittime potessero diventare i colpevoli di un tale atto criminale. Due anni di indagini, durante le quali i servizi segreti di Stati Uniti Germania e Olanda hanno battuto ogni pista e scoperto il plot incredibile di questa vicenda.


LA RICOSTRUZIONE

Subito dopo il 24 febbraio del 2022, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, con il generale delle forze armate ucraine Valeriy Zaluzhniy, con l’intento di tagliare le entrate del business energetico che arrivavano direttamente nelle tasche del feroce aggressore e che utilizzava per finanziare la guerra sporca, pianificarono l’interruzione del flusso attraverso un’azione segreta paramilitare. Gli accordi tra i protagonisti di questa storia furono presi esclusivamente verbalmente. La catena di comando, la cui testa era il presidente ucraino, venne informata senza lasciare la minima traccia. Zaluzhny avrebbe arruolato alcuni dei principali ufficiali ucraini, specializzati in operazioni clandestine ad alto rischio, ma il piano era troppo costoso e complesso, e si decise di usare un piccolo yacht e una squadra di sei persone, un mix di soldati in servizio attivo e civili esperti in mare. Poi l'imprevisto: i servizi di sicurezza militare olandesi scoprirono il piano, e secondo diverse fonti avvertirono la Cia. La Cia informò la Germania, la quale intimò all'ufficio di Zelensky di fermare l'operazione. Zelensky diede l’ordine verbale di fermare tutto, ma il suo fedelissimo Zaluzhniy, però, lo ignorò.


IL SABOTAGGIO

Un atto di guerra low cost. Di lì all'esplosione di quattro mesi dopo - tre esplosioni, in realtà, con la forza di un'eruzione vulcanica e infatti rilevate dai sismologi, causa della più grande fuga di gas naturale mai registrata - il passo non è stato lungo: il sabotaggio di North Stream, che secondo il diritto internazionale può essere considerato a tutti gli effetti un atto di guerra contro il Paese che possiede l'infrastruttura (qui la Germania) sarebbe costato appena trecentomila euro. Il noleggio di un piccolo yacht; l'addestramento di alcuni subacquei civili, una donna a bordo per sembrare una combriccola di amici in crociera. Sul Baltico agitato, nel freddo di settembre. Il resto della ricostruzione del Wall Street Journal conferma quanto già ricostruito dai media tedeschi. Con l'aggiunta di dettagli che complicano ancora di più la posizione di Kiev nei confronti della Germania, Paese che sostiene militarmente l'Ucraina e che dal sabotaggio del gasdotto ha avuto pesanti conseguenze.



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