Abbiamo sperimentato tutti nuove forme di silenzio durante questo lockdown. Il silenzio delle strade deserte, mai ascoltato prima; il silenzio dei nostri cortili, dei luoghi di culto, dei parchi, ma anche dei supermercati dove andiamo rigorosamente da soli ed evitiamo con cura di scambiare parole con altri umani eventualmente presenti. Il silenzio, seppur meno denso, di uffici con personale dimezzato, l’innaturale silenzio delle aree all’aperto delle scuole, la totale assenza di rumori a cui siamo avvezzi, che amiamo, che scandiscono i tempi delle nostro giornate. Al bar i molti suoni di ogni mattina: pensiamo all’inconfondibile sibilo del vapore che monta il latte per il nostro cappuccino o al cozzare di tazzine e cucchiaini. Lo stridio dei freni della metro in arrivo. Il su e giù di ascensori nei palazzi. Da quando tutto tace, i nostri animi hanno incontrato sensazioni diverse e contrapposte. Dapprima un senso di sollievo, quasi una pace inattesa che ha colto molti di noi, regalando spesso la percezione di poter assistere al procedere del mondo senza doverne subire l’incessante rumore. D’altra parte il silenzio è spesso stato definito il grande assente della nostra società. Sempre in fondo alla fila, sempre poco considerato, spesso temuto. I racconti di chi ha sperimentato volontariamente lunghi minuti di silenzio in presenza di altre persone rimandano a vortici di sensazioni contrastanti: da un lato il desiderio di interrompere quel surreale tacere e al contempo la voglia di approfondirne i mille risvolti emotivi.
Ridateci gli amati rumori quotidiani
Ma poi, passata quella prima fase ovattata, apparente panacea di moderni logorii, è tornato il bisogno di suoni, di tutti i suoni possibili, anche quelli solitamente meno prediletti. Perché? Perché suoni e rumori sono vita, sono energia che si muove, sono creatività, ci aiutano a leggere gli eventi e a comprendere il mondo. Pensiamo per esempio a quante volte diciamo ai bambini di non fare chiasso perché crediamo che il rumore sia inutile. Non è così, adesso lo sappiamo; fare rumore è una forma espressiva, un modo per comunicare. Diodato, nel suo brano vincitore a Sanremo 2020 ne parla proprio in questi termini: chiede all’amata di “farsi sentire”. “Ma fai rumore, sì Ché non lo posso sopportare Questo silenzio innaturale Tra me e te”. Tutto purché non cali l’insostenibile vuoto sonoro.
The quietest place on Earth
Molto interessante sul tema anche un esperimento nella stanza più silenziosa al mondo. E’ una camera anecoica (che non produce eco) realizzata ad Orfiled in Minnesota e chiamata con il suggestivo nome “The Quietest Place on Earth (Il posto più tranquillo della terra)". Assorbe il 99,99% dei rumori. Si può visitare al costo di 125 dollari, somma non sufficiente a scoraggiare centinaia di persone che ogni anno si prenotano per vivere l’esperienza più silenziosa della Terra. Tutti possiamo immaginarlo come un esperimento piacevole eppure nessun essere umano fino ad oggi ha resistito per oltre 45 minuti all’interno della stanza. Le sensazioni raccontate sono di disagio, inquietudine, paura. I suoni percepiti in assenza di qualsiasi rumore sono quelli del proprio respiro, poi il battito cardiaco e infine il sangue che scorre nelle vene. Tutto diventa in pochi minuti assordante e fortemente ansiogeno. Non sempre il silenzio fa bene.