24 novembre 2021, ore 16:20
Fu consegnato tre giorni dopo il referendum istituzionale del 2 giugno del 1946, che portò alla proclamazione della Repubblica e all'abolizione della Monarchia
''L'anno del 1946, il 5 giugno, alle ore 17.00, nei locali della Banca d'Italia, in via Nazionale n.91, a Roma, si è presentato il signor avvocato Falcone Lucifero, nella sua qualità di reggente del Ministero della Real Casa, con l'assistenza del Grand'Ufficiale, Livio Annesi, direttore capo della Ragioneria del Ministero suddetto. L'avvocato Falcone Lucifero dichiara di aver ricevuto incarico da sua maestà, re Umberto II, di affidare in custodia alla cassa centrale della Banca d'Italia, per essere tenuti a disposizione di chi di diritto, gli oggetti preziosi che rappresentano le cosiddette "gioie di dotazione della Corona del Regno", che risultano descritti nell'inventario tenuto presso il ministero della Real Casa e che qui di seguito si trascrivono''.
Il tesoro della Corona
Con un documento di accompagnamento in carta da bollo da 12 lire, redatto tre giorni dopo il referendum istituzionale del 2 giugno del 1946, che portò alla proclamazione della Repubblica, il tesoro venne consegnato dal ministro della Real Casa, su ordine del re Umberto II, al governatore della Banca d'Italia, Luigi Einaudi. Da quella giorno sono passati ben 75 anni ed è da allora che i gioielli dei Savoia, custoditi in un cofanetto in pelle a tre piani e protetto da 11 sigilli, 5 del ministero della Real Casa e 6 della Banca d'Italia, sono rimasti sepolti nel caveau di via Nazionale. Da allora non sono mai stati esposti in pubblico.
I gioielli quasi mai esposti in pubblico
Da quel 5 giugno del 1946 è accaduto soltanto una volta, poco prima della morte di re Umberto, che il prezioso scrigno sia stato riaperto: è successo nel 1976, per ordine della Procura di Roma, dopo che il giornale "Il Borghese'' aveva ipotizzato la scomparsa di alcuni dei famosi preziosi. Ma una volta che si accertò che il tesoro era intatto, sulla vicenda tornò a calare il sipario e nessuno li vide più.