Il virologo Andrea Crisanti: "Coraggioso e coerente chiudere le discoteche"

Il virologo Andrea Crisanti: "Coraggioso e coerente chiudere le discoteche"

Il virologo Andrea Crisanti: "Coraggioso e coerente chiudere le discoteche"


17 agosto 2020, ore 17:47

L'appello del professore di microbiologia dell'Università di Padova: "Serve l'aiuto di tutti"

"Ci sono state delle dichiarazioni, forse dettate da un eccessivo ottimismo, certo non da un'analisi approfondita, che hanno generato una falsa sicurezza, che non ha aiutato". Così il professor Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all'università di Padova, in merito alle dichiarazioni spesso contraddittorie, anche nel mondo scientifico, sull'evoluzione della pandemia da Coronavirus. "Penso che molti di coloro che hanno fatto queste dichiarazioni - ha aggiunto - ora sono in fase di ripensamento".

Serve l'aiuto di tutti

Crisanti si è quindi spinto sull'orizzonte più prossimo: "Senza l'aiuto di tutti quanti il sistema sanitario nazionale non ce la farà a fronteggiare il virus nel caso in cui a ottobre e novembre si moltiplicassero i focolai. Senza il contributo puntuale di ognuno di noi nell'applicare comportamenti virtuosi il sistema non ce la farà. Bisogna dirlo chiaro e tondo agli italiani".

I nuovi numeri del contagio nel nostro paese

"In Italia, se andiamo a guardare rispetto a due o tre settimane fa, i casi si sono triplicati, ma originano principalmente da trasmissione endogena, e sono sicuramente importanti. L'Italia non sta in una bolla impermeabile rispetto a quanto succede del mondo". Crisanti ha poi aggiunto: "Nel resto del mondo nelle ultime settimane vediamo 2-3mila casi al giorno, ed è chiaro - ha aggiunto Crisanti - che il nostro Paese non poteva rimanere esente da questa problematica. Adesso si stanno pendendo provvedimenti per i rientri dai paesi un po' più a rischio, e questa è una componente importante". Crisanti si è detto in disaccordo con chi ritiene che l'epidemia stia adesso colpendo maggiormente i giovani: "Se guardiamo l'analisi dell'Istat - ha osservato lo studioso - notiamo che anche nell'epidemia passata le persone avevano prevalentemente un'età tra 19 e i 50 anni, il problema è che prima arrivano alla nostra attenzione persone malate di età tra i 55 e 85 anni. Non credo che l'epidemia si sia modificata; le persone anziane stanno molto più attente e c'è molta più cura nella gestione delle case di riposo".


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