19 dicembre 2020, ore 11:15
agg. 21 dicembre 2020, ore 14:56
Dopo le polemiche sulla denominazione non conforme di “bistecca” o “hamburger" a prodotti non di origine animale, l’ultima novità in fatto di fake meat
A ottobre il Parlamento europeo ha respinto i tentativi di mettere al bando l’uso di denominazioni come “hamburger vegano” o “bistecca vegetale”. Il fronte dei prodotti alternativi alla carne, la cosiddetta “fake meat” composta da proteine vegetali, riporta dunque un’importante vittoria, anche se la decisione dell’Unione Europea non vincola i singoli stati, liberi di decidere se i prodotti in questione debbano necessariamente essere a base di carne. La coltivazione in vasca di cellule di manzo o di pollo, da cui è possibile ottenere carne “vera” senza dover passare per la macellazione di un animale, è molto avanti e non è detto che a breve non si possano ritrovare nei meni dei ristoranti queste repliche carnivore cruelty free. Esistono già prodotti, del resto, che riproducono il gusto della carne talmente bene che risulta impossibile distinguere tra la “ciccia” vera e quella finta, ad esempio il Vegetarian Butcher di una nota catena di fast food.
L’esperimento della carne umana
Ma la ricerca e, in questo caso, la volontà di stupire non si fermano: è il caso eclatante della riproduzione di carne umana. Un gruppo di ricercatori nordamericani ha recentemente sperimentato una tecnologia che permette la coltivazione di carne partendo da piccoli campioni di tessuto umano. L’utilizzo del metodo supera l’obiezione vegana al consumo della carne in quanto non comporta la morte e la macellazione di animali. Secondo i tre studiosi che hanno sviluppato la nuova bistecca umana, i ricercatori Andrew Pelling, Organ Telhan e l’industrial-designer Grace Knight, il consumo “tecnicamente” non rappresenterebbe un atto di cannibalismo. Il progetto, denominato “Ouroboros steak”, recentemente presentato al Design Museum di Londra, non avrebbe finalità commerciali e sarebbe inteso come una sorta di commento ai problemi etici generati dall’utilizzo delle carni cresciute in laboratorio.
I numeri della carne
Nonostante non manchino opzioni vegetariane sempre più invitanti, si conoscano gli effetti ambientali dell'allevamento degli animali e si abbiano maggiori informazioni sulle conseguenze di un eccessivo consumo di carne per la nostra salute, il consumo di carne è cresciuto molto rapidamente negli ultimi 50-60 anni. La quantità di carne prodotta è oggi quasi cinque volte maggiore di quella dei primi anni Sessanta: siamo passati da 70 milioni di tonnellate a quasi 330 milioni di tonnellate nel 2017. In base ai dati della FAO riportati sul sito Our World in data, Australia e Stati Uniti guidano la classifica dei Paesi in cui si mangia più carne, con 116 e 115 kg pro capite all'anno rispettivamente: in pratica come se ciascuno consumasse 50 polli o mezza mucca ogni 12 mesi. Alti consumi di carne si notano in Argentina, Nuova Zelanda e un po' ovunque, in Occidente, mentre per i paesi a basso reddito la carne resta un’eccezione. Secondo un'indagine di Coldiretti, nel 2018 la spesa per la carne delle famiglie italiane è aumentata di più del 5%, un rialzo che arriva dopo sei anni di calo. Il consumo medio di carne pro capite in Italia rimane comunque tra i più bassi d’Europa. Un futuro in cui la produzione di cibo sia sostenibile e sufficiente a nutrire un pianeta sempre più popolato richiederà non solo un cambiamento dei tipi di carne consumata, ma anche la sua sostanziale riduzione: la carne dovrebbe tornare ad essere un cibo "di lusso”. Senza arrivare agli eccessi della riproduzione di carne umana, sarebbe il caso che ognuno di noi rivedesse le proprie abitudini alimentari, prima che i gas serra sprigionati dagli allevamenti intensivi ci avvelenino persino l’aria che respiriamo.
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