In California è un crimine scattare foto sui luoghi di disastri come successo per l’incidente a Kobe Bryant
29 settembre 2020, ore 16:45
Diventa un crimine in California la diffusione di immagini scattate dai soccorritori senza autorizzazione e poi diffonderle, come è accaduto il 26 gennaio 2020 nell’incidente in cui hanno perso la vita Kobe Bryant, la figlia Gianna e altre sette persone
In California saranno puniti i soccorritori o chi scatta fotografie sul luogo di un incidente o di un disastro e le diffonde. È quanto contiene la nuova legge voluta dal governatore Gavin Newsom e che è stata approvata nelle scorse ore. E’ un crimine punito con mille dollari di multa per ogni immagine dei corpi delle persone che perdono la vita non autorizzata e che viene divulgata.
Gli scatti diffusi dai soccorritori
Il tutto è nato dalla diffusione di alcuni scatti dei soccorritori che primi sono arrivati sulla collina di Calabasas, luogo dove è precipitato l’elicottero su cui viaggiavano l’ex campione del basket NBA, Kobe Bryant e altre sette persone. Alcuni poliziotti, tra i primi a sopraggiungere sul luogo del disastro, avevano scattato delle foto del corpo dell’ex giocatore e avevano diffuso le immagini, provocando la reazione della famiglia dello sfortunato cestista.
La nuova legge
La California ha voluto correre ai ripari e con questa nuova legge trasforma in un crimine per chi, tra i primi soccorritori, realizza fotografie non autorizzate di persone decedute sulla scena di un incidente o di altro fatto grave e poi le diffonde. Nel caso specifico dell’incidente in cui il campione di basket ha perso la vita insieme alla figlia Gianna, il 26 gennaio 2020, erano emerse delle immagini che sarebbero dovute restare solo negli atti, ma che sono state condivise.
Otto i poliziotti accusati di aver diffuso immagini vietate
L’accusa è rivolta in particolar modo a otto, tra i soccorritori intervenuti durante il disastro, lo ha detto lo sceriffo della contea di Los Angeles Alex Villanueva, aggiungendo di aver ordinato la cancellazione di tutte le immagini, il quale ha anche sottolineato che il suo dipartimento ha una politica intransigente contro chi scatta e condivide immagini di una qualsiasi scena del crimine. Era stata la stessa vedova di Bryant, Vanessa, ad aver citato in giudizio il dipartimento per le foto diffuse sull’incidente in elicottero che ha provocato la morte del marito e di una delle sue figlie.
La ricostruzione dell’incidente
Kobe Bryant viaggiava a bordo di un mezzo che era di proprietà dell’ex giocatore di basket, e in quel fatale incontro con il destino era in compagnia della figlia Gianna e di altre sette persone. Il volo era decollato dall'aeroporto della Contea di Orange-John Wayne, in California, precipitando a Calabasas, poco dopo prendendo immediatamente fuoco. I rapporti di polizia hanno rivelato che i primi soccorritori arrivati sulla scena del disastro hanno scattato diverse foto non autorizzate dei corpi, immagini che poi queste persone hanno condiviso per mostrare o impressionare i loro colleghi. Ora, questo nuovo decreto voluto dallo Stato della California, rende un crimine per i primi soccorritori di una scena di un disastro o di un incidente scattare foto non autorizzate di persone decedute e poi diffonderle.
L’indagine
L’indagine ha evidenziato che il giorno dell’incidente, sulla zona in cui stava volando l’elicottero di Bryant c’era una fitta nebbia e la visibilità era molto bassa. I rilievi degli investigatori hanno evidenziato che il velivolo aveva girato in cerchio per diversi minuti prima di ottenere l’autorizzazione a viaggiare. Sempre secondo la polizia, lo Sikorsky S-76B di proprietà del giocatore al momento dello schianto su una delle colline di Los Angeles procedeva a 296 chilometri orari e che l’impatto non ha lasciato scampo a nessuno degli occupanti. Per i legali del pilota, deceduto nello schianto, Bryant era consapevole delle condizioni meteo sulla zona.